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Niloofar Rahmani è stata la prima donna a diventare pilota in Afghanistan dopo la caduta del regime talebano, e ora lavora all’aeroporto militare di Kabul. Anche se la sua famiglia ha ricevuto numerose minacce di morte, nel corso degli anni, ha continuato il suo addestramento e quest’anno ha pure vinto il premio internazionale del Dipartimento di Stato Usa come donna più coraggiosa. Sui social network è stata rinominata la ”top gun” afghana.
La storia di Niloofar Rahmani, o meglio la sua passione per il volo, inizia fin da quando ha dieci anni, anche se la sua infanzia, con l’avvento dei talebani al potere, cambia. Racconta infatti che quando si trovava in seconda elementare vietarono la scuola alle ragazze, e la sua famiglia (papà ingegnere e mamma casalinga) decise di continuare a istruire la giovane Niloofar in casa. Una scelta che l’ha aiutata a poter cogliere l’occasione della sua vita.
[fotoda nome=”AP/LaPresse”]
La possibilità di far avverare i suoi sogni arriva quando Niloofar ha 17 anni. Il regime talebano è ufficialmente sconfitto, e sul giornale appare un annuncio dell’aviazione che cerca nuove reclute. E’ il 2010. Lei studia l’inglese per sei mesi e comincia a seguire un addestramento sui Cessna-182 e i cargo C-208 americani. Dopo due anni la sottotenente Rahmani è diventata la prima pilota donna dell’Afghanistan.
Ma la fine del regime dei talebani non ha impedito a molti estremisti di lanciare minacce di morte alla donna e alla sua famiglia. Niloofar racconta: ”All’inizio ho cercato di ignorarle. “Vogliono spaventarmi per farmi a mollare”, pensavo. Una volta hanno seguito suo fratello all’università, erano pronti a sparargli. Nel 2013 la mia famiglia ha deciso di lasciare il Paese. Ma dopo due mesi siamo tornati: restare in India era difficile, e poi pensavo che avrei trovato una situazione più tranquilla, che la gente si fosse scordata di me. Purtroppo era tutto uguale, anzi peggio.
E anche le persone che le stanno vicino fanno fatica a non cedere ai pregiudizi: ”Un mio parente ha scoperto sui social media che faccio la pilota: ha visto una foto scattata mentre venivo buttata in acqua da due soldatesse americane per festeggiare. Erano in divisa e alcuni hanno creduto che fossero uomini che mi toccavano. Altri hanno scritto che sono stata battezzata e non sono più musulmana”.
La vita all’interno delle forze armate si rivela difficile per una donna anche in Afghanistan: ”C’è gente sul lavoro che cerca costantemente di trovare qualcosa di sbagliato in quello che faccio perché crede che non sia permesso a una donna di stare nelle forze armate. Si crede che le donne siano emotive, con il cuore piccolo”, e invece: ”Ci sono molte donne forti in Afghanistan. Ma per ognuna pronta a lottare, troppi la minacciano”. E conclude: ”Ho sempre saputo che non sarebbe stato facile, ma è dieci volte peggio. Continuerò a provare, finché posso, ma sul futuro non posso promettere nulla”.