In una classifica provvisoria che secondo la sala stampa ha visto Colapesce e Di Martino al vertice della seconda serata di Sanremo 2023, queste le nostre pagelle
A Sanremo 2023 la gara prosegue. Le prime due serate sono state dedicate all’esecuzione dei 28 brani in gara, divisi in due lotti di 14 canzoni per giorno.

Il primo premio assegnato dalla sala stampa e dai giornalisti accreditati a Sanremo 2023 è andato a Marco Mengoni che con “Due Vite” ha dominato la prima serata del Festival. Dietro di lui Colapesce Di Martino (“Splash”) e Madame (“Il bene nel male”), proposte della seconda serata. Distacchi minimi… dicono.
Sanremo 2023, le pagelle
Questi invece i giudizi della redazione Musica di QNM. Indipendentemente dai giudizi delle prime due esecuzioni, con largo margine di anticipo rispetto a quella che sabato sarà la classifica finale del festival. E in rigoroso ordine di apparizione.
Will – Stupido
Lui è simpatico, belloccio e gli farà comodo in una carriera nella quale come appari sembra valere sempre più di quello che scrivi e di come lo canti. D’altronde anche i punk sostenevano che chiunque avrebbe avuto il diritto di esibirsi. Pure chi non sapeva suonare lo straccio di una nota. Rubata a una delle tante challenge dei social network cui sembra ispirarsi, la canzone non è una di quelle che si fa ricordare. Voto 5
Sethu – Cause Perse
Meno belloccio e politically correct di chi lo precede, Sethu presenta un brano scomodo e volutamente scuro e pieno di ombre. L’arrangiamento elettronico è costruito su diversi livelli – ritmico, armonico e melodico – con tre strutture autonome che si incastrano in modo diverso su un unico beat. Un bell’esperimento. Magari un po’ azzardato per una rassegna dove se vuoi vincere il primo ascolto è quasi tutto. Ma poi alla fine, chi vuole vincere a Sanremo? Lui certo no. La voce per altro convince molto meno della struttura del brano. Molto bella l’orchestrazione quasi gotica di archi e viole stemperate da una chitarra molto aggressiva. Voto 5.5

Modà – Lasciami
Inutile fare cambiare idea a chi non ama questo genere di proposta, che continua a strizzare l’occhio alla parte più tradizionale e matura dell’ascolto. Ma se questo è il festival della canzone, non dei vestiti e nemmeno delle voci, vale la pena parlare di una canzone che affronta il tema della depressione. Un testo che non fa sconti e che ammette mille debolezze nelle quali ognuno può trovare un motivo di forza. “Il veleno con ghiaccio” buttato giù da Checco è un gentile omaggio a chi con la depressione convive ogni giorno e ha un disperato bisogno di persone che lo facciano sentire meno solo in una battaglia molto spesso terribile. E senza alleati. La canzone è ben fatta, magari troppo ‘rotonda’ e confezionata. Ma la generosità merita molto. Voto 7
LDA – Se poi domani
Il giovanissimo Luca D’Alessio sceglie un terreno completamente diverso da quello dei suoi coetanei. Melodia, tradizione, una linea vocale molto calda e rassicurante su un testo non particolarmente brillante e un po’ melassato nel quale alcune rime sono un’aggravante (“dammi le mani ma solo se tu rimani…”). La strategia di marketing della canzone, quello dello struscio adolescenziale, è evidente. A quel pubblico la canzone piacerà. A chi scrive molto meno. Voto 4.5
Shari – Egoista
Scende dalle scale rischiando una imbarcata. E questo prima di cantare una canzone davanti ad alcuni milioni di persone certo non aiuta. Inizialmente si appoggia al piano per una intro che sembra la cosa più pretenziosa di tutto il brano. Poi però la parte ‘parlata’ lascia trapelare personalità con una nota languidamente soul e calda che diventa persino piacevole e fa dimenticare il suo look da Libro della Jungla. Certo, di Ami Winehouse ne nasce una su cinquanta milioni. Shari, al Festival con un brano del fidanzato Salmo, non può pretendere. Ma ha il merito di mettere del proprio in una canzone che non è straordinaria e che forse convincerà con il tempo. Voto 5
Levante – Vivo
Avete presente la cantante sicuramente talentuosa ma a volte un po’ troppo convinta che a X Fucktor (non è un refuso…) diceva “non mi arrivi”? Ecco: ci è arrivata. Nell’evidente tentativo di prendere le distanze, anche nell’immagine, da un passato recente che evidentemente le stava stretto, Levante canta una canzone profondamente sensuale e femminile che sembra quasi una rivendicazione di sé dopo la maternità. Anche agli occhi del pubblico. Per noi è sì. Voto 7.

Colapesce Di Martino – Splash
Se lo fai una volta magari sei bravo, magari hai fortuna. O forse la casa che ti distribuisce ha davvero un potenziale di marketing immenso. Ma se per la seconda volta riesci a confezionare un brano scaltro, ruffiano, estremamente intelligente dal punto di vista del testo e degli arrangiamenti, allora sei bravo. E loro sono decisamente bravi. La canzone sembra un esercizio stilistico che riporta agli anni ’70, a Mogol e Battisti. “Sorrido alle Seychelles, mi annoio a Panama, la vita è un baccarat… Lavoro per non stare con te e preferisco il rumore dei cantieri a quello del mare, come stronzi galleggiare”. La coppia può fare molto, molto, molto male… Parliamone. O al limite cantiamoci sopra anche se dobbiamo tuffarci dentro un mare che non ci piace. Voto 9
Rosa Chemical – Made in Italy
Non prendersi mai troppo sul serio è una grandissima qualità. Che spesso diventa anche credibilità. Meno pretenzioso di Lauro, più ispirato dei soliti trapper troppo impegnati a guardarsi e mostrare i muscoli, Rosa Chemical diverte con la sua estemporaneità. Gioca con un ritmo lontanissimo da lui e dalla stragrande maggioranza del pubblico di oggi. Ma a chi verrebbe mai in mente di suonare un jive? Manco fossimo a una festa dal Grande Gatsby. La canzone è una sonora presa per il culo di un paese dove nulla era consentito. Nemmeno pensare. Ma oggi pur di essere politically correct tutto è concesso. Il sesso… l’amore… Una nota a margine. Per capire se una canzone piace guardate l’orchestra. Che a volte suona, a volte subisce in silenzio e qualche volta, occasionalmente, si diverte. Nella sua canzone tutti suonano divertendosi come matti. Voto 7.5
Articolo 31 – Un bel viaggio
L’operazione nostalgia di questo Sanremo prosegue con la riappacificazione degli Articolo 31. Due che davvero sono stati fratelli più che amici. E che sul serio si sono mandati a fare in culo mandando all’aria anni di successo e di guadagni comodi. Vederli insieme sul palco è anche un po’ emozionante. Perché tutti noi abbiamo un fratello, un amico, un amore con cui vorremo fare pace. Anche se non lo ammettiamo. Alessandro sa scrivere come pochi. Scrivere queste rime non deve essere stato facile nemmeno per lui. Non la loro migliore canzone. Li continuiamo a preferire randagi e molesti. Ma lasciateci fare pace con gli amici che non vediamo più da tempo. Che il tempo è poco. “Non volevamo crescere…”. Pensa un po’… Nemmeno ora ci piace essere cresciuti. Voto 6.5

Giorgia – Parole dette male
Prima cosa. Rivederla sul palco dell’Ariston dopo tanti anni è bello. Perché se su quel palco deve starci il meglio Giorgia non può mancare per così tanti anni. Ma quando vedi un talento del genere ti aspetti le fontane che grondano Valdobbiadene, gli hamburger che si trasformano in fiorentina e i bastoncini di pesce che diventano branzino al sale. La canzone è caruccia. Ma nulla di più. Con una sola geniale intuizione, il gioco tra ‘parole dette male’ e ‘maledette’. La sua voce straordinaria, forse anche per via di un’emozione che quando sei giovane e incosciente non senti, ma quando sei mamma e cinquantenne ti pesa di più, non basta a renderla indimenticabile. Il suo acuto finale è il graffio dell’animale di razza. Non ci si aspettava “Di sole e d’azzurro” e di canzoni peggiori di questa Giorgia ne ha cantate molte. Detto questo… ci basta e ci avanza. E se Giorgia si azzarda a non regalarci la sua immensa voce a brevissimo e con maggiore continuità, ci si incazza davvero. Voto 7.5
Tananai – Tango
Ultimo (in classifica, il cantante non c’entra) lo scorso anno. Molto più smaliziato in questa seconda edizione dove sceglie una interpretazione intima più profonda e di spessore rispetto a quella di “Sesso occasionale”. É un brano che ha volume e molta eleganza nel gioco di archi e nello slide di una chitarra struggente. Un compito in bella copia che gli garantisce una sufficienza più che ampia nonostante un testo ancora un po’ ingenuo e una forma canzone a tratti se non banale troppo sfruttata che punta molto a essere rassicurante soprattutto per chi la interpreta. Voto 5.5
Lazza – Cenere
Magari non vince, ma siamo pronti a scommettere che questa canzone sarà una di quelle che ci tormenterà fino all’estate con remix di altissimo livello. Arrangiamento molto urbano con un beat tutto elettronico estremamente incisivo nel quale il minimo utilizzo di piatti, fa sentire il chat-chat del charleston come una stilettata. Il basso, tutto intubato ricorda la disco-wave anni ’80. Andate a riascoltare “Missing” degli Everything But the Girl. Splendido e inquietante il sample vocale (incomprensibile) appeso su tutto il brano come una lama cadente. Niente autotune: molto riverbero che sviluppa quel senso di inquietudine e di gabbia che il testo vuole rendere. Canzone riuscitissima. Una delle migliori. Voto 8.5

Madame – Il bene nel male
Lei ha il fascino di quelle ragazze che non sono splendide, e nemmeno sexy. Ma ti prendono di testa. Ti confondono con ragionamenti confusi, a volte un po’ spiazzanti. Arriva a Sanremo con troppe voci che rischiano di togliere spazio a una canzone che ha profondità e spessore: un uomo, un cliente, dialoga con la prostituta con cui passa il suo tempo libero. Alla fine chi è il vero schiavo? Forse chi doveva essere solo pagata, e si scopre inutilmente innamorata del solito bastardo. Cassa in quattro, atmosfera minimalista e molto dark. Quando finisce il brano Madame respira come dopo una lunga apnea. Se si rilassa canterà anche meglio di così. Voto 6.5
Paola & Chiara – Furore
Faranno la felicità di tutti quelli che hanno deciso di giocare al FantaSanremo (compreso chi scrive). Portano a Sanremo, con i fianchi un po’ arrotondati e la solita (poca) voce, un’Italia che non esiste più. La festa, il privé, le strobo, i ballerini vedo-non vedo, le coreografie in mirror, perfettamente simmetriche, o guardandosi in tralice. Il testo non sarà analizzato dai prof dell’accademia musicale internazionale per il suo spessore. Ma le due sorelle Iezzi vogliono semplicemente ballare, non pensare, divertirsi e si affidano a un brano che dà al pubblico esattamente quello che il pubblico si sarebbe aspettato da loro. Sul saluto finale (Chiara), “Ciao mamma, ciao papà” ci è sembrato per un attimo di vederle ballare seminude sdraiate sulla spiaggia con i tatuaggi in bella evidenza Sono già passati venti anni. Ah, già. Un’artista non invecchia mai. Voto 5.5