Eurovision 2023, la discussa vittoria della Svezia: il piazzamento di Marco Mengoni

Solo un quarto posto all’Eurovision 2023 per Marco Mengoni con Due Vite, penalizzato più che dal meccanismo dei voti dalla scelta di un pubblico che continua a premiare il trash

Non si può certo dire che l’Eurovision Song Contest premi la qualità. E anche questa edizione 2023 non ha fatto differenza rispetto a quelle passate.

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Marco Mengoni con bandiera italiana e arcobaleno – Credit ANSA (QNM)

E la vittoria dei Maneskin del 2021? Zitti e Buoni era una bella canzone rock, certo. Ma adeguatamente rinforzata da aspetto, scenografie, esplosioni e quel glam che è diventato un punto di forza della band romana. Senza tutto questo forse non avrebbero vinto nemmeno loro. L’onda lunga dei Maneskin è continuata anche a due anni di distanza con numerosi gruppi che hanno suonato brani più rock che pop scimmiottando la band romana con allusioni e occhi languidi ai video… Damiano e Victoria dovrebbero fare un tutorial…

Eurovision 2023, Marco Mengoni è quarto

Ogni volta che l’Italia presenta un brano gradevole, bene interpretato, sostanzialmente bello, il pubblico dell’Eurovision apprezza, ma non premia. E così Due Vite, di gran lunga la cosa artisticamente migliore che si è vista sul palco di Liverpool nella finale di sabato sera, si accontenta di un quarto posto che lascia l’Italia ai piedi del podio alle spalle di Svezia, Finlandia e Israele.

In compenso il cantante italiano si migliora rispetto alla sua presenza precedente, addirittura settimo quando in Svezia nel 2013 presentò L’Essenziale, brano addirittura migliore di questo. Ma soprattutto conquista il riconoscimento della critica internazionale, il premio assegnato dai giornalisti di settore che, di fronte a un brano del genere hanno votato con un autentico plebiscito.

Vince il trash

L’Eurovision di fatto non è un song contest. Ma una sorta di esibizione che oltre alla canzone mette in valutazione le strategie visual, il look, i vestiti. Basti pensare che tra tutti gli articoli dedicati alla finale di sabato scorso la stragrande maggioranza è focalizzata proprio su cosa indossavano i cantanti. Con tanto di pagelle: non sulle canzoni ma su brillantini, lurex, trucco di scena e senso del trash.

Il trash è indiscutibilmente un metro di paragone. Il tutto in un’epoca che vive di clamore social, di eccessi e di orpelli. Con cui l’Eurovision va a nozze. Di qui la vittoria di Tattoo, canzone non esattamente indimenticabile proposta dalla svedese di origine mediorientale Loreen, alla sua seconda vittoria all’Eurovision dopo quella del 2012 in Azerbaijan. Nude look, unghie da grizzly, capello addolorato e adagiata scalza su un cubo di luce, Loreen ha raccolto il gusto di chi alla serata chiedeva spettacolo e non una bella canzone.

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La svedese Loreen, vincitrice dell’Edizione 2023 dell’Eurovision – Credit ANSA (QNM)

Un Cha Cha Cha alcolico

Re del trash 2023 è indiscutibilmente il rapper finladese Kaarija, un ragazzo vivo per miracolo (gli hanno asportato parte dell’intestino a causa di una colite ulcerosa) che prima di suonare e cantare (maluccio per la verità) viveva di poker on line e gioco d’azzardo.

La sua Cha Cha Cha è una delle canzoni più suonate in queste ultime ore dalle radio di mezza Europa. Il classico riempipista da festa molto tecnico, quasi ossessivo, che il pubblico di Liverpool ha amato fin da subito cantandolo a squarciagola.

Il look da cartone animato e un balletto tremendo ma divertente, hanno fatto il resto. È stato il più votato al televoto che lo ha trascinato fino al secondo posto alle spalle di Loreen, la preferita invece dalle giurie di qualità. Terza Israele con Noa e una canzone sugli unicorni che sembrava rubata al repertorio di un programma per ragazzi. Ma lei, carina e disinvolta, è stata una delle più amate dal pubblico giovane.

Commento RAI pessimo…

L’Eurovision 2023 lascia in archivio poche belle canzoni, tantissima mediocrità a cominciare dalla trasmissione della RAI il cui commento ha deluso le attese. Gabriele Corsi, davvero inascoltabile, forse anche peggio di due anni fa nell’edizione vinta dai Maneskin, e Mara Maionchi. Lei è per lo meno meglio di Cristiano Malgioglio che quest’anno ci hanno finalmente risparmiato, ma non è mai in grado di fare il suo lavoro né di rispondere a una qualsiasi domanda che fosse intelligente o interessante. Commento pessimo, non la cosa peggiore perché alcune canzoni erano davvero impresentabili.

Nonostante una batteria di autori e decine di schede tecniche su cantanti e canzoni, il commento italiano ancora una volta è un avvilente accozzaglia di nessuna utilità: verbosa, noiosa, banale e piena di (dis)informazione ed errori che a una qualsiasi consultazione di wikipedia diventa evidente. Ma oggi alla gente la qualità e i contenuti non interessano più. Basta essere social e trasversali.

Così è. Sarà anche una competizione di canzoni ma alla fine tra commenti che non hanno nulla di tecnico né di artistico, video, showreel, vestiti, costumi e scenografie esplosive (letteralmente…) c’è davvero poco da ricordare.

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Kaarija (Finlandia) secondo con Cha Cha Cha – Credit ANSA (QNM)

Cosa ci ricorderemo

Le cose migliori. A parte Marco Mengoni e il ballo ad alto tasso alcolico di Cha Cha Cha, se non altro divertente con il suo testo che parla di sbronze, vale la pena sottolineare Monika, cantante lituana davvero molto brava con una proposta poco spettacolare ma estremamente centrata sulla canzone, e i croati Let 3, un gruppo di signori di mezza età che da sempre suonano punk.

Sono in giro da una trentina d’anni con proposte sempre sospese tra casa di cura psichiatrica e casa occupata. La loro Mama SC era una coraggiosa e durissima denuncia su dittatori e guerrafondai il cui testo, una filastrocca tutta storpiata e piena di doppi sensi (la mamma ha comprato un trattore, la mamma bacia un imbecille, state attenti al coccodrillo psicopatico, che figata andiamo in guerra!) è una velenosa presa in giro di Putin e Lukashenko.

La band si è presentata sul palco travestita da leader politici del passato, molto riconoscibili. Poi si sono spogliati e in mutande dietro i loro strumenti hanno lanciato un inno folle, pacifista e stralunato.

La gente, ovviamente, non ha capito… A cominciare da chi avrebbe dovuto spiegarli.