Il baby killer di Belgrado non andrà in carcere: perché nonostante abbia ucciso nove persone e ferite altre sei non terminerà in cella. Il caso di Kosta Kecmanovic.
Belgrado è stata terribilmente travolta dall’azione omicida di un 13enne (14 da compiere il prossimo 30 luglio) che ha colpito a morte nove persone e ne ha ferite altre sei. Fra le vittime ci sono otto compagni di classe e il guardiano della scuola.

Il killer si chiama Kosta Kecmanovic e ha 13 anni, ma per la sua età non terminerà in cella. Nel frattempo un team di psichiatri e psicologi dovranno accertare se siano sano di mente e consapevole all’epoca della strage accaduta lo scorso mercoledì 3 maggio in Serbia.
Perché non andrà in cella
Il ragazzo 13enne è entrato nella scuola elementare, frequentata anche dalla sorella di dieci anni, in pieno centro a Belgrado, colpendo a morte nove persone. La strage sarebbe stata pianificata da circa un mese, almeno questa è l’ipotesi degli inquirenti. Si segnalano anche sei feriti, due dei quali sarebbero in gravi condizioni: si tratta di una docente di Storia e di una bambina colpita da un proiettile alla testa.
Per l’ordinamento serbo, intanto, Kecmanovic non sarebbe responsabile del massacro che ha compiuto e ciò sarebbe conseguenza della sua età. Sul caso è intervenuto ai microfoni di Repubblica l’avvocato della famiglia del ragazzino killer.

“Avere meno di quattordici anni non consente l’incriminazione. La sua condizione mentale è valutata in queste ore, se viene fuori che è sano sarà rilasciato subito dalla clinica neuropsichiatrica dove si trova e sarà affidato a un tutore legale, che potrebbe essere uno dei nonni. In questo caso sarà comunque seguito dai servizi sociali“, spiega Nikola Ristanovic.
Attualmente sarebbe quindi da valutare la condizione mentale del bambino. In caso di esito positivo sarà rilasciato dalla clinica neuropsichiatria in cui si trova, affidato successivamente ad un tutore legale (ipotesi nonni). Con l’esito negativo, invece, si riterrà inevitabile il trasferimento presso “un ospedale psichiatrico e dovrà sottoporsi a terapie fino a quando non sarà considerato guarito“, si ribadisce.
Intanto gli esami tossicologici ai quali è stato sottoposto hanno dato esito negativo. A ribadirlo è il legale della famiglia Irina Borovic. Smentita l’ipotesi circa il possibile effetto di sostanze stupefacenti al momento della strage.
Chi rischia il carcere non è lui
A rischiare una condanna a dodici anni di carcere è Vladimir Kecmanovic, padre del ragazza, che lavora come radiologo a Belgrado. L’uomo è in stato di fermo per 48 ore e sotto indagine.
L’accusa riguarda la possibile mancata custodia delle armi, detenute legalmente, tale da permettere a suo figlio di prenderle e compiere la strage. Kosta ha utilizzato due pistole calibro 9, armi conservate in cassaforte e della quale il bambino era a conoscenza dell’esatta combinazione.

Il padre del giovane ha risposto ad alcune domande degli investigatori, in primis quella relativa alla possibile conoscenza circa la pianificazione dell’attacco a scuola. Il ragazzino avrebbe infatti scritto su un foglio i nomi di quindici compagno che sarebbero dovuti morire, tracciando anche un percorso da fare presso i due piani dell’istituto scolastico.
Qualora si dovesse accertare la conoscenza del progetto di Kosta, da parte del padre, il capo di imputazione si trasformerebbe in maniera importante. Nello specifico potrebbe diventare omicidio plurimo e quindi l’uomo rischierebbe una pesante condanna da scontare in carcere per quanto compiuto dal figlio 13enne.