Silvio Berlusconi fu assolto nei processi Ruby e Ruby bis per una omissione di garanzia da parte delle ospiti alle cene di Arcore. Questo ha conseguentemente spezzato via le accuse del Ruby ter. Cosa farà ora la Procura
Nei processi precedenti (Ruby e Ruby bis) le ospiti delle cene di Arcore dovevano essere indagate perché a loro carico vi erano indizi di corruzione. Ma accompagnate in procura dai propri legali hanno deciso, sotto consiglio degli avvocati, di non rispondere.

Questa è stata “una omissione di garanzia che ha irrimediabilmente pregiudicato l’operatività di fattispecie di diritto penale sostanziale”, spazzando di fatto le accuse del Ruby ter, anche in presenza delle promesse di pagamento di Silvio Berlusconi alle ragazze e i bonifici effettuati.
Il 15 febbraio 2023, dopo le motivazioni anticipate dalla sentenza, Silvio Berlusconi è stato assolto insieme ad altri 28 imputati. Ora, come riporta anche Repubblica, il collegio della VI sezione del Tribunale di Milano ha sottolineato le ragioni che hanno portato alla decisione. “Se le imputate fossero state correttamente qualificate e gli avvisi fossero stati formulati, si sarebbe potuto discutere della configurabilità dell’articolo 377 bis del codice penale nei confronti del solo Berlusconi in relazione alle dichiaranti che avessero scelto il silenzio.”
Processo Ruby, ecco perché Berlusconi fu assolto
Le motivazioni depositate questa mattina dal presidente del tribunale Marco Tremolada smentiscono completamente la procura. Il processo Ruby ter non avrebbe dovuto neanche iniziare. Le motivazioni alla base della sentenza con cui Silvio Berlusconi e gli altri vennero assolti tre mesi fa dalle accuse di corruzione giudiziaria e falsa testimonianza poggiano sullo Stato di diritto.

Nelle 197 pagine depositate stamani da Marco Tremolada le motivazioni sono palesi: quel processo non doveva iniziare perché le testimoni che Berlusconi era accusato di avere “comprato” in realtà non erano mai state testimoni, ma erano indagate dalla Procura di Milano: avrebbero potuto rifiutarsi di rispondere e avrebbero avuto il diritto a un avvocato.
Il giudice scrive in sentenza, come riporta anche il Giornale: “Non si discute di un mero sofisma, di una rigidità procedurale, di una sottigliezza tecnica priva di contenuti. Tutelare il diritto al silenzio significa assicurare l’effettività della garanzia di un principio che affonda le radici nel direttamente nel diritto di difesa, costituzionalmente garantito e pietra d’angolo dell’ordinamento giuridico. Le pur legittime esigenze punitive non possono mai indurre ad abdicare alla garanzia di un diritto fondamentale”.
Una lacuna nei processi
Il giudice Tremolada sembra avere un quadro molto chiaro su quanto accadeva davvero nelle serate di Arcore e lo si capisce quando definisce “inequivocabili” alcune intercettazioni. Che poi le imputate, Ruby per prima, abbiano mentito appare per il giudice sicuro.
Ma, la sentenza dice che se pure le ragazze hanno mentito avevano il diritto di farlo. A sbagliare è stata la Procura, che senza garanzie le ha portate in aula. “Se si fossero osservate le garanzie collegate alla effettiva veste delle dichiaranti non si sarebbero disperse energie processuali nelle acquisizioni di dichiarazioni da fonti che si sapevano inquinate a monte. Il presente processo non ha potuto fare a meno di ripristinare quell’ordine di garanzie violato”.
Il punto della questione, o meglio, della sentenza è che: “Se la fattispecie corruttiva non può configurarsi perché quelle che sono state ipotizzate come testimoni non hanno mai assunto quel pubblico ufficio, non può che condividersi per l’insussistenza del fatto anche nei confronti dell’ipotizzato corruttore Silvio Berlusconi”. Ora la domanda che sorge è una: davanti alla schiettezza della sentenza la Procura prenderà atto della sconfitta e si ritirerà oppure sceglierà di fare appello e proseguire?