Messina Denaro, morto il pentito di mafia Armando Palmeri. Cosa sapeva sulle stragi

Il pentito Armando Palmeri è stato trovato senza vita in casa e proprio qui emerge la necessità di un’autopsia, così da stabilire le cause della morte. Il testimone è un figura importante, specialmente per la condanna di Matteo Messina Denaro. 

Il collaboratore di giustizia è stato trovato senza vita nel pomeriggio di venerdì 17 marzo 2023 a Partinico, città distante poco più di 35 chilometri da Palermo. Da una prima ricostruzione sembrerebbe trattarsi di infarto, ma in casi come questi è inevitabile l’autopsia.

Matteo Messina Denaro
Le novità sulla morte del pentito, cosa c’entra con la vicenda di Messina Denaro (ANSA)

Si tratta infatti di un personaggio chiave in un processo che riguarda Matteo Messina Denaro, boss attualmente al 41-bis e sottoposto proprio al regime di carcere duro dopo una lunga latitanza durata 30 anni. Il suo arresto è avvenuto davanti ad una clinica privata a Palermo, ora però è bene concentrarsi su Armando Palmeri e sui motivi per i quali avrebbe avuto un ruolo importanti in un processo.

Chi è Armando Palmeri

Si tratta di un testimone importante nel processo tenuto a Caltanissetta che ha condannato all’ergastolo Matteo Messina Denaro. Il primo grado di giudizio è ormai cosa nota e vede visto il boss difendersi dalle accuse di essere il mandante delle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Fra maggio e luglio 1992 morirono in questi due attentati prima il giudice Giovanni Falcone e poi il collega Paolo Borsellino.

Proprio Palmeri sarebbe stato punto nevralgico per le indagini sui concorsi esterni delle stragi, così come indagato dalla Procura di Caltanissetta. L’uomo non era da diverso tempo sotto il programma di protezione, ma avrebbe avuto un ruolo delicato nel corso dell’attività investigativa.

Messina Denaro
Messina Denaro e i risvolti sul caso del collaboratore di giustizia Armando Palmeri (ANSA)

Si tratta dell’autista di Vincenzo Milazzo, capomafia di Alcamo, ucciso poco prima della strage di Via D’Amelio. Quest’ultimo fu contrario alla strategia del terrore con le bombe, da qui la decisione di ucciderlo. In seguito alla sua morte, infatti, anche Antonella Bonomo, compagna dell’uomo e anche incinta, fu uccisa da alcuni sicari: era parente di un generale dei servizi segreti.

Proprio Milazzo confidò all’autista diversi segreti che Palmeri raccontò agli inquirenti. “Un giorno Milazzo mi chiese di accompagnarlo a una serie di incontri con due personaggi che mi indicò come appartenenti ai servizi segreti“, raccontò a metà anni Novanta quando inizio a collaborare. Parlò di tre incontri avvenuti nel 1992 con alcuni esponenti dei servizi. “Mi confidò che erano persone che conosceva già da tempo. Le prime due riunioni avvennero nelle prime ore del pomeriggio, mentre la terza in ore serali. Io da lontano li guardavo con il binocolo“.

La contrarietà del suo boss, poi il delitto

Vincenzo Milazzo si oppose alla strategia della morte tramite le bombe e lo disse chiaramente. “Gli venne proposto di adoperarsi per la destabilizzazione dello Stato: una finalità da perseguire attraverso atti terroristici da compiere fuori dalla Sicilia. Ma Milazzo era contrario a queste cose. Diceva che non avrebbero portato nessun vantaggio a Cosa nostra. Anzi, avrebbero portato a una dura reazione dello Stato“, si legge nei verbali.

Attualmente il processo è fermo poiché non si riesce a trovare un avvocato d’ufficio, alla luce della rinuncia della nipote Lorenza Guttadauro, la quale aveva chiesto maggiore tempo per studiare il caso complesso. Il processo è bloccato in Corte d’Appello, in attesa di un legale disposto a difendere Matteo Messina Denaro. Palmeri depose anche nel processo ‘Ndrangheta Stragista.

Carabinieri indagini
Carabinieri e magistratura al lavoro per ricostruire quegli anni complicati (ANSA)

Gli inquirenti hanno inoltre lavorato per scoprire se la compagna di Milazzo, tale Antonella Bonomo, avesse realmente un parente nei servizi segreti. Le ipotesi trovarono conferma, parlando infatti di un generale dei carabinieri che ebbe all’epoca dei fatti un incarico al Sisde (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica).

Nel caso specifico, però, il generale negò qualsiasi contatto con la donna e il compagno mafioso. Fatto sta che per la morte di entrambi non c’è ancora una verità processuale, con la sola ipotesi che al momento dello strangolamento di Antonella Bonomo, proprio nella stanza accanto, ci fosse proprio Messina Denaro in persona.