Caporalato digitale, rider costretti a pagare il pizzo. Come avveniva l’illecito

Il fenomeno del caporalato si evolve e dalla modalità fisica si passa a quella digitale. Le indagini chiariscono un modus operandi e il giro che c’è dietro la nuova tendenza del “pizzo” da consegnare agli intermediari. 

A pagare per le scelte sono in questo caso i rider, persone di fatto costretto a versare parte dell’incasso ad alcuni intermediari. Si tratta in quest’ultimo caso di persone che assicurano la presenza sulle piattaforme.

Rider caporalato digitale
Il fenomeno del caporalato digitale ha colpito tanti rider, cosa emerge dalle indagini (Immagine Rete)

Una nuova forma di pagamento in contanti, da qui la chiara operazione di evasione fiscale, assicurandosi al contempo i profitti ed evitando la tracciabilità dei pagamenti che avviene online per ogni rider. Un sistema messo in piedi proprio a Milano che gli investigatori hanno scoperto nel corso di ulteriori indagini.

La vicenda

I carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro di Milano hanno effettuato alcuni controlli a campione fra luglio e ottobre 2022, scoprendo numerose attività illecite per quanto riguarda l’attività da rider. Diversi i controlli, effettuati di recente in diverse città d’Italia, scoprendo un nuovo modus operandi. Scoperto una cessione fittizia con identità virtuali create mediante documenti falsi e cedute a persone giunte da poco in Italia.

Si tratta spesso e volentieri di persone con scarsa praticità con la lingua italiana. Il controllo su 93 rider, avvenuto di recente, ha scoperto 18 persone che hanno ammesso di lavorare con un account falso. Al contempo, inoltre, le verifiche successive hanno consentito di allargare il giro del malaffare sul fronte rider.

Carabinieri
Caporalato digitale, la scoperta dei carabinieri durante i controlli (Immagine Rete)

I dati nazionali citati dai carabinieri, infatti, parlano di 823 rider censiti, 92 quelli al lavoro con una cessione fittizia dell’account e 23 con i documenti non in regola. A questi bisogna aggiungere anche 22 mezzi a due ruote modificati in maniera illegale.

Proprio i 92 casi scoperti evidenziano un caporalato attivo in tutto il Paese, con tanto di segnalazioni alle procure locali per gli approfondimenti del caso. Il lavoro degli investigatori ha come obiettivo identificare i possessori dei diversi account illegali, così da liberare i fattorini da questo modus operandi illecito e dal tornaconto economico che ne deriva.

Come si sviluppa il caporalato digitale

Si tratta di un business creato in particolare durante lo scoppio della pandemia, denominato caporalato digitale, che consiste nella illecita cessione degli account, diretta conseguenza anche dell’aumento della domanda sul fronte delivery. Le piattaforme che lavorano in Italia hanno di fatto reclutato un numero importante di rider.  “Il traffico illecito avviene tramite cessioni di account con l’intermediazione di manodopera tra il proprietario dei dati di account e l’effettivo prestatore di manodopera“, si legge in una nota dei carabinieri.

Caporalato rider
Un momento dei controlli da parte dei carabinieri (ANSA)

Le forze dell’ordine hanno scoperto che diverse persone si sarebbero registrate sulle piattaforme con l’utilizzo di documenti falsi, così da ottenere l’accreditamento dell’account. Di fatto, in seguito, si cederebbe al rider che effettua materialmente la consegna la prestazione “previa trattenuta di una quota percentuale del guadagno giornaliero da parte del caporale“.

Il servizio di consegna viene quindi fatto da altri rider e non dai veri proprietari dell’account. Come se non bastasse, inoltre, alcuni sarebbero stati costretti a lavorare e cedere una quota percentuale del guadagno giornaliero, pena la possibilità di perdere il lavoro (spesso in questi casi si tratta di persone senza regolare permesso di soggiorno).