Maldini rinviato a giudizio per corruzione

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L’ex difensore del Milan e della Nazionale Paolo Maldini è stato è stato rinviato a giudizio con le accuse di corruzione e accesso abusivo a sistema informatico: l’ex giocatore avrebbe dato soldi a un funzionario delle Entrate per aggirare dei controlli fiscali.

Maldini, secondo le indagini coordinate dal pm Paola Pirotta, avrebbe chiesto circa 2 anni fa a Luciano Bressi, funzionario dell’Agenzia delle Entrate, di effettuare controlli fiscali per un investimento immobiliare che lo stesso Maldini voleva effettuare in Toscana. Stando alle indagini, fino al 23 giugno 2009 Maldini avrebbe inoltro corrotto Bressi offrendogli non solo “l’onorario per lo studio (circa 40 mila euro annui)”, ma anche la «procura speciale» della società costituita con la moglie da cui derivavano allo stesso Bressi ingenti introiti in nero.

Maldini si è sempre difeso sostenendo che sarebbe stato lo stesso Bressi a sottrarre soldi dalle casse della società Velvet. Chi avrà ragione? Lui appare tranquillo. Attraverso il suo legale, l’avvocato Danilo Buongiorno, l’ex giocatore della nazionale si è dettp “sereno perchè non ho mai corrotto nessuno”.

Alla moglie del giocatore, Adriana Fossa ,è stata archiviata l’accusa di corruzione. E che futuro per il vecchio capitano del Milan?

Il processo al calciatore si aprirà il prossimo 21 giugno davanti alla decima sezione penale del Tribunale di Milano. Oltre a Maldini saranno rinviate a processo anche altre 12 persone, sempre con le accuse di corruzione e accesso abusivo a sistema informatico.

Di certo non una bella pubblicità per uno dei simboli della storia del calcio milanista ma soprattutto italiana: come si concluderà la vicenda?

Da notare infine come la presenza di Maldini in tribunale a Milano dove il gup ha letto la sua ordinanza, è stata contemporanea alla presenza nel palazzo di giustizia milanese di Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio e del Milan e indagato pure lui. Di certo non un bell’auspicio per tutti milanisti.

Bandiera e presidente in Tribunale.

Foto da AP/Lapresse