Nel dibattito sulla riforma del sistema previdenziale, sempre caldo, cresce la polemica intorno alla pensione di reversibilità: quali saranno le novità nel 2016? In molti temono tagli sostanziali: sul tema, nelle ultime settimane, si sono succedute indiscrezioni e smentite da parte del Governo Renzi. Vediamo di fare chiarezza su questo istituto e sulle modifiche che potrebbero essere introdotte quest’anno.
La pensione di reversibilità è una prestazione economica erogata dall’Inps ai superstiti di un pensionato o di un lavoratore deceduto: una proporzione variabile della pensione che gli sarebbe spettata viene destinata infatti al coniuge (o anche all’ex coniuge, se titolare di un assegno di mantenimento), ai figli (se minorenni, se studenti a carico e se inabili), ai nipoti (se a carico degli ascendenti – nonno o nonna), a fratelli celibi e inabili e a sorelle nubili e inabili (se a carico del defunto e non titolari di un trattamento pensionistico).
Cosa potrebbe cambiare nel 2016? La polemica è nata intorno al disegno di legge delega sul contrasto alla povertà, che è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 28 gennaio e successivamente è approdato in commissione alla Camera. Nel testo, è bene sottolinearlo, non viene citata espressamente la pensione di reversibilità, ma tra le misure ipotizzate si parla della possibilità di trasformare questo trattamento da “prestazione previdenziale” (legata ai contributi versati dal lavoratore) a “prestazione assistenziale”. E di ancorarne l’importo non più al reddito Irpef (come allo stato attuale), ma all’Isee, indicatore che tiene conto di eventuali patrimoni immobiliari e finanziari e che prende in considerazione il reddito familiare e non quello individuale. Il risultato? Molti degli attuali aventi diritto perderebbero il beneficio. Si pensi per esempio ad una vedova, coniuge titolare di pensione di reversibilità, che inizia una nuova convivenza e che potrebbe per questo veder saltare il proprio assegno.
Contro questa eventualità si sono scagliati subito i sindacati e molti politici: il primo a gridare allo scandalo è stato Ivan Pedretti, da meno di un mese alla guida del sindacato Spi Cgil ma già pronto a dare battaglia. Pedretti ha affermato che i possibili tagli alle pensioni di reversibilità sono “semplicemente una follia. Se non ci saranno riscontri positivi, non resteremo certo fermi a guardare”. In un comunicato unitario, Cgil, Cisl e Uil hanno quindi chiesto al governo un confronto urgente, nel timore che “si faccia cassa sulle pensioni”.
Immediata e secca la reazione dell’esecutivo, che ha sonoramente smentito queste ipotesi attraverso le parole del premier Matteo Renzi: “Le pensioni di reversibilità non si toccano – ha dichiarato – è una cosa che non esiste”. Subito è arrivata anche la rassicurazione da parte del ministro del lavoro Giuliano Poletti che ha parlato di “polemica totalmente infondata”: “tutto quello che la delega si propone – ha spiegato – è il superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale”.
Ma l’ultimo intervento, seppure indiretto, sulla questione è quello della Corte dei Conti, che getta benzina sul fuoco: analizzando i bilanci dell’Inps, sempre in rosso, la Corte afferma che “ogni analisi sulla sostenibilità finanziaria della spesa pensionistica va valutata anche alla luce della non ancora netta separazione tra previdenza e assistenza”. Il disavanzo strutturale dell’istituto di previdenza, che necessita ogni anno di ingenti trasferimenti statali, si tradurrà quindi nei temuti tagli alle pensioni di reversibilità? Su questo tema, come sulla questione del rimborso delle pensioni, si attendono ulteriori conferme o smentite dalle prossime mosse del governo.