Il racconto dei superstiti che hanno raggiunto Lampeduse nelle ultime ore apre scenari terribili per il nostro Paese
La nuova frontiera dei viaggi verso le coste italiane ha fatto registrare una nuova e ancor più clamorosa novità. Se infatti l’Italia e gran parte dei Paesi europei interessati dal fenomeno, hanno iniziato una vera e propria lotta contro gli scafisti, gli ultimi sbarchi sulle coste di Lampedusa aprono le porte ad un scenario diverso e decisamente più inquietante.

Gli immigrati sono infatti in grado di mettersi in viaggio e (in alcune occasioni) di raggiungere la Sicilia e le coste italiane, anche senza l’aiuto di scafisti senza scrupoli. Il fenomeno è spiegato nel dettaglio dagli stessi superstiti, che hanno raccontato il modo in cui sono riusciti ad arrivare nel nostro Paese. Ed il racconto è davvero da brividi. Molte persone sono riuscite a raggiungere la Sicilia partendo dalla Tunisia, senza l’aiuto delle organizzazioni famose per aver organizzato le cosiddette “traversate della speranza”. Questo nuovo trend rischia di moltiplicarsi in modo netto, con conseguenze inevitabilmente negative per il nostro Pese.
Il racconto fatto da 24 dei 25 tunisini che sabato mattina sono sbarcati sulle coste di Lampedusa (dopo essere stati soccorsi in mare dalla motovedetta Sottile) è chiaro: uomini, donne e bambini si sono messi in viaggio su barchini improvvisati e di ferro, come hanno raccontato ai militari delle Fiamme Gialle, che li hanno bloccati in mare e trasferiti all’hotspot. L’imbarcazione era lunga sette metri e con un motore fuoribordo. Il racconto, riportato all’Ansa dai responsabili, è stato grosso modo questo: “La barca l’abbiamo comprata noi. Abbiamo raccolto i soldi e pagato 45 mila dinari per prendere la barca e 10 taniche, da 20 litri, di carburante. Una spesa che abbiamo diviso fra tutti noi”. E la navigazione, con a bordo anche quattro donne e un minore, è stata fatta utilizzando una bussola e uno smartphone.
Uno scenario terribile

Una situazione diversa da quella ormai conosciuta da tutti e che di solito portava questi disperati ad intraprendere questi viaggi sotto il pagamento di una somma agli scafisti (che di solito era da mille a quattromila euro). Queste dichiarazioni dimostrano che i tunisini sono in grado di raggiungere l’Italia autonomamente e attraverso spese minime (intorno ai 12.000 euro) facilmente raggiungibili dividendo l’importo tra tutti i componenti di questi viaggi. Che effettuano su quei barchini che il procuratore capo, facente funzioni, Salvatore Vella ha già definito “bare galleggianti”. Non più barche di legno, generalmente utilizzate per la pesca e quindi costruite in Cantieri Navali. Ma barchini in metallo, con motore fuoribordo, che hanno una grandissima instabilità. Natanti che quando si capovolgono, affondano velocemente proprio perché in metallo.