Le elezioni politiche 2013 hanno segnato, a modo loro, una svolta per l’Italia: dal nulla il Movimento 5 Stelle guidato da Beppe Grillo si è fatto strada nel cuore degli elettori fino a trasformarsi il primo partito del Paese. Se la resistenza strenua di Silvio Berlusconi dimostra che non tutti sono pronti a chiudere le porte alla vecchia politica, questa tornata elettorale ci consente comunque di salutare (si spera per sempre) alcuni politici che da ormai troppo tempo erano seduti in Parlamento. Vediamo allora chi sono i grandi esclusi e, soprattutto, quanto ci costano anche ora che non ci sono più.
Il voto di febbraio 2013 verrà ricordato come quello che ha aperto le porte del Parlamento alla società civile, merito ovviamente delle candidature tra la gente comune del Movimento 5 Stelle imitato, spesso con pessimi risultati, anche da Partito Democratico e Pdl. Per un cittadino che varca il portone del potere c’è un politico di professione che è costretto a uscirne dopo il fallimento elettorale. Un addio con il sorriso sulle labbra, comunque, visto che quasi tutti potranno godere di sostanziosi assegni di fine mandato e, in qualche caso, di una lauta pensione gentilmente offerta dalle tasche degli italiani.
Cos’è l’assegno di fine mandato? Una geniale invenzione dei parlamentari, votata ovviamente all’unanimità, che funziona nel seguente modo: ogni mese sull’indennità lorda percepita da ogni politico viene effettuata una piccola trattenuta, accumulata in modo da consentire, il giorno del loro addio, una liquidazione pari all’80% dell’indennità parlamentare lorda per ogni anno (e anche per frazioni superiori ai sei mesi) in cui sono stati in Parlamento. I nomi più importanti tra i ‘trombati’ sono senza dubbio Gianfranco Fini, Antonio Di Pietro, Italo Bocchino, Franco Marino ed Emma Bonino. Ciascuno, con cifre diverse, tornerà a casa comunque con le tasche piene.
Gianfranco Fini intascherà un assegno di fine mandato che dovrebbe essere pari a circa 260mila euro netti. La vicepresidente del Senato, Emma Bonino, porterà a casa invece circa 60mila euro, cui va però aggiunta una pensione mensile di 6.500 euro netti. Fernando Adornato dell’UdC otterrà un assegno di 112mila euro e, dal prossimo anno, una pensione di 4.500 euro netti al mese da aggiugere a quella di giornalista. A Franco Marini toccheranno un assegno da 188mila euro e una pensione di 5.300 euro al mese netti; a Italo Bocchino, il più giovane del lotto, sarà concesso un assegno di quasi 150mila euro ma senza pensione. Antonio Di Pietro, infine, dice addio (non per la prima volta) al Parlamento con in tasca 60mila euro di liquidazione, più bassa rispetto agli altri perché l’ha già ottenuta una volta in passato. Esclusi a mani vuote, infine, Antonio Ingroia e Oscar Giannino, che non hanno mai fatto parte del Parlamento.
Se questi sono gli esclusi più famosi, c’è anche qualche politico che deve ringraziare la buona sorte (o un aiutino dall’esterno) per la sua presenza in Parlamento. Ci riferiamo a Casini, Razzi, Scilipoti, Tabacci, Tremonti e persino il fido Augusto Minzolini (dentro grazie alla rinuncia di Berlusconi). Questi signori continueranno a parcepire i loro lauti stipendi, a meno che la rivoluzione tanto sbandierata dal M5S e da Grillo non prenda piede finalmente con una drastica riduzione delle spese della politica. Voi ci credete davvero?