La strage di migranti a Crotone è una tragedia il cui numero delle vittime è ancora tutto da accertare: cosa è accaduto dopo il naufragio e quali sono le ultime novità.
Il bilancio delle vittime causate dalla rottura dell’imbarcazione, a poca distanza dalla costa del Crotonese, è destinato ad aumentare. Emergono intanto nuovi dettagli su quanto accaduto in quelle tragiche ore. Attualmente le persone decedute sono ufficialmente 64, sarebbero stati poco meno di 200 quelli partiti dal porto di Izmir (Turchia).

I migranti naufragati al largo della costa calabrese hanno vissuto momenti veramente tragici, continuano in ogni caso le ricerche di superstiti e vittime. A distanza di poco da quanto accaduto emerge un dettaglio sull’aggressione allo scafista, episodio accaduto sulla battigia di Steccato di Cutro nei momenti successivi alla tragedia. L’intervento dei carabinieri sul posto ha evitato il linciaggio dell’uomo. L’uomo è stato successivamente fermato e indicato dai superstiti come uno degli scafisti a bordo del caicco naufragato.
Le ricerche in mare
Si parla di circa 180 persone, molte di queste donne e bambini, costrette a viaggiare nella stiva di un caicco, con norme igienico-sanitarie assenti, nonché costretti ad uscire soltanto per prendere aria, ma soltanto con l’autorizzazione degli scafisti. I racconti di chi è sopravvissuto mostrano la drammaticità del viaggio a causa del quale l’imbarcazione si è schiantata contro una secca in provincia di Crotone.
Al momento sono tre gli scafisti arrestati: si tratta di un cittadino turco di 49 anni e di due pakistani (uno di 25, l’altro ha dichiarato di essere ancora minorenne). Il ragazzo interrogato avrebbe negato le accuse, affermando di essere uno dei migranti. Un testimone ha comunque ribadito che gli scafisti gestivano le persone, “ci facevano salire per respirare per poi farci scendere sotto la barca“, si legge nella testimonianza riportata da la Repubblica.

Un testimone ha parlato di uno scafista che aveva un tatuaggio all’altezza dello zigomo di destra, ma “non guidava ma dava ordini agli altri componenti dell’equipaggio“. Poi ci sarebbe i due pakistani, uno di quelli “che gestiva lo spostamento da Izmir alla prima barca“, ribadisce un superstite ascoltato dalla polizia. Quanto accaduto in Calabria è la seconda tragedia di migranti dopo quella accaduta nel 2013 a Lampedusa.
Il racconto drammatico
Chi si è salvato ha raccontato di essere partito alle 3 del mattino dello scorso 22 febbraio a bordo della barca. Non si tratta in questo caso di quella che sarebbe andata alla deriva dopo giorni di navigazione.
Il primo viaggio sarebbe stato compiuto a bordo di una imbarcazione nuova, di colore bianco. Dopo alcune ore di viaggio, l’avaria del motore, con tanto di “fumo uscito dalla sala macchine“, avrebbe causato la sostituzione dello scafo proprio il caicco in legno.

Una imbarcazione più grande della prima, ma in condizioni peggiori e senza sedili, con tanto di “pozze di gasolio che bagnavano chi era a bordo“. Il viaggio sarebbe quindi proceduto, ma a poca distanza dalle coste calabresi la tragedia. “All’improvviso il motore ha iniziato a fare fumo, c’era tanto fumo e puzza di olio bruciato. La barca ha iniziato a imbarcare acqua e si è inclinata“, si legge nel verbale sul quale sono riportate le dichiarazioni dei sopravvissuti.
Gente in difficoltà e scafisti che avrebbero invece tentato la fuga, praticamente subito dopo la tragedia. “Ho visto che il siriano e due turchi hanno gonfiato un gommone e sono scappati. Non ho visto cosa ha fatto il turco con il tatuaggio sullo zigomo. Ho pensato di mettere in salvo mio nipote“, continua il racconto riportato sui verbali.
Un viaggio terribile, pagato secondo alcuni testimoni circa 8mila euro, pur di arrivare in Europa. Le testimonianze raccolte serviranno a chi coordina le indagini per fare luce e accertare le responsabilità delle decine di vittime.