I beni comuni di un condominio sono spesso oggetto di lite contrasti e spese impreviste. Oggi, finalmente, si fa chiarezza su come trattarli a livello fisico ed economico
Condominio “dolce chimera sei tu”. Parafrasando la vecchia canzone in voga tra gli Anni Quaranta e gli Anni Sessanta del vecchio secolo, il periodo della proliferazione dei condomini nelle grandi città, affrontiamo un tema che è spesso al centro di liti, contrasti, contestazioni e soprattutto di spese impreviste.

Parliamo, nello specifico, dei beni comuni di un condominio. Quelli di cui si è comproprietari. Quelli che secondo i regolamenti vigenti sono soggetti a costi di manutenzione e di aggiornamento. Quelli che come accennavamo sono quelli che generano il maggior numero di contenziosi.
I dati in tal senso sono chiari. L’uso improprio dei beni e delle parti comuni e i rumori molesti cubano oltre il 75% dei contenziosi. Ma non solo. La questione beni in comproprietà genera anche una errata convinzione. Quella per cui se è un bene è di tutti non è di nessuno.
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Ovviamente non è così. Ma che succede se in un condominio si decide di usufruire di un nuovo bene comune che non faceva parte del corredo condominiale. Come ad esempio l’antenna parabolica o satellitare centralizzata? La questione è emersa all’inizio degli Anni Duemila quando con l’avvento delle pay tv i tetti dei palazzi hanno visto un clamoroso proliferare di antenne.

Proliferare a cui, anche per ridurre l’inquinamento visivo, si è deciso di porre un freno. Ed il freno si è palesato sotto forma di installazione di antenne centralizzate a carico del condominio.
E qui si è aperto un tema. Ma se io non voglio usare l’antenna centralizzata perché devo pagarla? E qui finalmente, dopo quasi due decenni di dubbi incertezze e cause si è giunti ad una regola certa. La regola certa prevede che in caso di nuova installazione se un condominio non vuole utilizzare il bene può, dichiarando il dissenso in assemblea e comunicando con PEC la propria volontà.
Ma essendo un bene del condominio ne è comunque comproprietario. E quindi deve, suo malgrado, pagare la quota parte di costi di manutenzione. Ovviamente le porte all’accesso al servizio non sono chiuse per sempre. Pagando la quota di installazione si può accedere