Corinaldo, l’evasione di Andrea Cavallari: la fuga e la rabbia di chi chiede giustizia

Dopo la laurea in Giurisprudenza, Andrea Cavallari, condannato per la strage di Corinaldo, è sparito. Familiari delle vittime e autorità sotto shock per un’evasione che scuote il sistema penitenziario.

Esce dal carcere della Dozza, a Bologna, alle 7 del mattino del 3 luglio. Andrea Cavallari ha ottenuto un permesso premio per discutere la tesi di laurea in Giurisprudenza.

Andrea Cavallari, Corinaldo
Uno scatto social di Andrea Cavallari, giudicato colpevole e condannato a più di 10 anni di carcere per la strage di Corinaldo – Credits ANSA (qnm)

Da mesi il 26enne stava portando avanti gli studi da detenuto, presentandosi regolarmente agli esami. La sua discussione è prevista per le 9, in ateneo. La tesi la presenta regolarmente. Viene proclamato dottore. Poi, insieme alla madre e alla fidanzata, pranza in centro città. È libero fino alle 18. Ma alle 18 non rientra in carcere e scompare nel nulla.

Andrea Cavallari, in fuga dopo la laurea

L’allarme scatta come da regolamenti solo dopo 12 ore. La prassi prevede che la polizia penitenziaria avvisi la Procura. La fuga è ufficiale. Cavallari è latitante.

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Il giovane è uno dei membri della cosiddetta “banda dello spray”, condannato in via definitiva a 11 anni e 10 mesi per la strage di Corinaldo. La notte tra il 7 e l’8 dicembre 2018, durante un concerto di Sfera Ebbasta nella discoteca Lanterna Azzurra, Cavallari insieme ad alcuni complici avrebbe spruzzato spray urticante spruzzato nel tentativoi rapinare alcuni presenti. Ma in pista si scatena il panico. Nella calca muoiono sei persone: cinque minorenni e una madre di 39 anni.

Le accuse nei confronti di Andrea Cavallari

Cavallari, secondo l’accusa, partecipava sistematicamente a queste azioni per derubare i presenti nei locali notturni. Non sarebbe stato lui materialmente ad aver spruzzato lo spray quella sera, ma la sua presenza nella banda e la partecipazione ad altri episodi simili lo legano alla responsabilità complessiva del gruppo.

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La Cassazione conferma in terzo grado le condanne nel 2023. E Cavallari finisce in carcere pur continuando a professare la propria innocenza.

“Non era pentito”

Il patrigno di Cavallari, non sembra sorpreso: “Dopo quello che ha fatto, non c’era da fidarsi. Mi dispiace per sua madre, ma io non ho parole. Non so dove sia andato, ma la verità è che era solo questione di tempo.”

Le parole dei familiari delle vittime invece sono durissime. “È un oltraggio – dice Francesco Vitali, fratello di Benedetta, una delle vittime – non capisco come sia possibile che un condannato in via definitiva per una strage con accuse gravissime sia stato lasciato libero senza scorta e senza controllo.”

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“Per me è come se fosse stata uccisa una seconda volta – aggiunge Silvia Girolimini, sorella di Eleonora, la mamma di quattro figli travolta dalla calca quella tragica notte – questo permesso non doveva essere concesso. C’è stato un errore enorme.”

L’appello delle autorità: “Andrea, torna”

Il Garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna, Irma Conti, ha rivolto un appello personale e pubblico a Cavallari: “Andrea, consegnati. Dimostra che il tuo non è stato un fallimento del percorso rieducativo.”

Una posizione comprensibile, ma che solleva molte critiche. Per i familiari delle vittime, quel percorso non è mai stato credibile. Già durante i processi, Cavallari aveva ribadito più volte la propria estraneità morale: “Io non ho ucciso nessuno.”

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La sua scelta di studiare Giurisprudenza, letta da alcuni come un segnale di riscatto, per altri è stata solo una strategia: “Era tutto costruito, tutto falso. E adesso si vede”, commenta un familiare di una delle vittime.

Andrea Cavallari: nessuna scorta, nessuna sorveglianza

Il punto più controverso dell’intera vicenda riguarda la modalità del permesso premio. Cavallari era accompagnato solo da familiari. Non vi era alcun agente della penitenziaria. Non era previsto.

Il sindacato di polizia SPP (Sindacato Polizia Penitenziaria) sottolinea altri aspetti pratici… “Ogni giorno gestiamo 700 detenuti in permesso. Ma il sistema è al collasso. Servono più risorse, più agenti, più strumenti.”

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Il Ministero della Giustizia ha aperto un’inchiesta interna per accertare se ci siano state negligenze. La Procura di Bologna procede per evasione. Ma il punto, dicono i familiari delle vittime, è politico: è una questione di scelte. Chi ha scelto di fidarsi?

Dove si trova Andrea Cavallari

Al momento non ci sono conferme ufficiali. L’ipotesi più accreditata è che sia fuggito all’estero, forse con documenti falsi. L’inchiesta si è allargata a livello europeo. L’Interpol è stata attivata. Ma nulla trapela.

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Nessun avvistamento, nessun messaggio. Anche la madre, con cui ha pranzato poche ore prima della fuga, dice di non sapere nulla: “Era calmo, sereno, fiero di ciò che aveva fatto. Non mi aspettavo questo.”

Insieme al ragazzo sarebbe sparita anche la sua fidanzata…

Il significato profondo di questa evasione

Non si tratta solo della fuga di un singolo condannato. Per molti è il simbolo di un sistema penitenziario che, pur tra mille sforzi, mostra gravi falle. Il principio della rieducazione, sancito dalla Costituzione, convive con la richiesta di giustizia. Ma fino a che punto?

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“Se un uomo condannato per una strage può discutere una tesi, farsi proclamare dottore e poi sparire, significa che c’è qualcosa che non funziona – ha detto duramente il magistrato Luca Palamara, intervenuto a La7 – Non basta studiare per essere rieducati. La cultura è importante, ma serve anche un’assunzione di responsabilità profonda. E qui non c’è mai stata.”

Uno schiaffo alla memoria

Nel piccolo cimitero di Senigallia, dove sono sepolte Benedetta, Daniele e alcune delle altre vittime, le famiglie si sono ritrovate in queste ore. Alcuni fiori sono stati rovesciati. Qualcuno ha lasciato un biglietto: “Non ci dimentichiamo. Non dimenticateci.”

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