Cavallari, condannato per la strage dello spray di Corinaldo, era evaso dopo la discussione della tesi, catturato in Spagna attende in cella l’estradizione, ma è polemica sul sistema di detenzione e su numerosi episodi simili
Si è conclusa dopo due settimane in Costa Brava a Lloret del Mar, la fuga di Andrea Cavallari, il giovane condannato in via definitiva a 11 anni e 10 mesi di reclusione per aver partecipato alla tragica vicenda della strage alla discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo nella quale persero la vita sei persone durante un tentativo di rapina con lo spray al peperoncino.
Cavallari, si era volatilizzato dopo aver sostenuto la tesi di laurea in giurisprudenza all’Università di Bologna. Era riuscito a passare il confine facendo perdere e sue tracce contando sull’appoggio di complici e su un piano ben preciso. Aveva soldi, carte di credito e documenti falsi.
Accompagnato dai familiari, senza scorta, dopo la cerimonia per la laurea con un voto di 92/110, Cavallari era scomparso subito dopo il pranzo insieme alla sua famiglia.
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Il ragazzo pare abbia detto ai genitori di avere appuntamento con la fidanzata, la stessa ragazza che frequentava prima dei fatti di Corinaldo, che in realtà non avrebbe più avuto alcun rapporto con lui. Ma in realtà si è allontanato da Bologna. Al momento del suo rientro in carcere alla Dozza di Bologna era già troppo tardi.
Nei giorni successivi, le autorità italiane, anche per via del clamore mediatico suscitato dalla vicenda, avevano lanciato una vera e propria caccia al latitante, coinvolgendo anche le forze di polizia internazionali. Dalle prime indagini è emerso che Cavallari ha attraversato in auto la Francia dopo avere sostato a Milano per poi raggiungere la Spagna approfittando di mezzi come taxi, NCC e persino passaggi tramite BlaBlaCar.
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In Spagna Cavallari sarebbe passato da Barcellona per poi spostarsi in Costa Brava. Dopo alcuni spostamenti gli investigatori lo ritrovano a Lloret de Mar, in un hotel dove si era registrato con documenti falsi e pagando con contanti —circa 800 euro in banconote contraffatte — indizio che avrebbe svelato la sua presenza.
Il 17 luglio gli agenti della Polizia Nazionale spagnola procedono all’arresto. Cavallari viene fermato intorno alle 10. Al momento dell’arresto non oppone resistenza, ma viene trovato con documenti falsi, banconote altrettanto fa e una carta di credito riconducibile a quelle segnalate dagli investigatori italiani. Tutte tracciate.
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El País parla di “cattura pianificata” dopo il monitoraggio dei movimenti del giovane latitante anche con la tracciatura delle sue spese elettroniche.
Subito dopo l’arresto, la Procura generale di Ancona — autorità competente per la procedura di arresto dopo l’evasione — ha avviato la procedura per ottenere l’estradizione tramite l’Audiencia Nacional.
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Il processo standard di estradizione tra Spagna e Italia, regolamentato da norme molto consolidate, prevede di solito almeno 30 giorni per il via libera, ma secondo fonti spagnole potrebbe concludersi anche entro due settimane, considerata la gravità del caso e stretta cooperazione tra autorità italiane e spagnole.
La fuga di Cavallari ha acceso i riflettori su chi possa aver fornito supporti logistici o economici. La Procura di Bologna ha subito aperto un fascicolo per favoleggiamento, puntando l’attenzione su sospetti contatti tra il detenuto e possibili complici entro la cerchia familiare o esterna.
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Vengono esaminate le visite nella cella, gli spostamenti notati prima della discussione della sua tesi e l’origine delle carte d’identità contraffatte.
Il ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio ha elogiato i canali di cooperazione, definendo l’operazione “un successo nella lotta alla criminalità transnazionale”. Tuttavia non mancano le polemiche per l’apparente facilità con cui Cavallari è riuscito a darsi alla fuga.
Della vicenda ha parlato anche Marco Montanari, il patrigno di Cavallari, che lo ha preso in custodia da oltre venti anni: “Siamo tutti sollevati che sia stato preso. Abbiamo provato in tutti i modi ad aiutarlo, lo abbiamo anche fatto seguire a lungo da un terapista. Ma non è servito. Ha commesso furti fin da piccolo, da quando aveva 10 o 12 anni, era ingestibile, inaffidabile. Purtroppo alcune persone sono così, e non cambiano”.
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