Dopo mesi di allusioni, Elon Musk ha fondato un nuovo partito politico, X Alliance. L’imprenditore rompe con Trump, guarda a una nuova destra libertaria e mette nel mirino il futuro dell’America.
Era nell’aria da tempo. Tra post su X, il popolarissimo social ex Twitter che oggi appartiene a lui e dove è l’utente con il maggior numero di follower – oltre 210 milioni di persone – apparizioni pubbliche al limite della propaganda e attacchi sempre più espliciti all’establishment di Washington, Elon Musk lasciava presagire da mesi una svolta politica più strutturata.
Ora c’è anche la conferma: l’imprenditore più controverso del pianeta ha ufficializzato la nascita di un nuovo partito politico, battezzato provvisoriamente “X Alliance”, con chiari riferimenti alla sua piattaforma social, alla cultura tecnologica e a un’ideologia libertaria-populista dai contorni ancora fluidi.
L’annuncio è arrivato attraverso un post notturno, accompagnato da un video promozionale in stile Super Bowl: bandiere americane, chip cerebrali, navicelle spaziali, centrali elettriche, fattorie, grattacieli, e infine lui, Musk, che guarda la telecamera e dice: “It’s time to build a new America.”
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Un messaggio che dice molto. Non Make America Great Again, ovvero ripristinarla, ma costruirne una completamente nuova.
La sigla della nuova base politica è ancora in fase di concretizzazione, ma secondo quanto riportato da Axios e The Atlantic, la struttura del nuovo partito sarebbe già in fase avanzata.
Ci sarebbero già circa 40 milioni di dollari confluiti in un fondo indipendente finanziato anche da alcuni soci, soprattutto ex investitori di Tesla e SpaceX. Musk non si candiderà (almeno per ora), ma punterebbe a eleggere propri senatori e deputati federali nelle elezioni del 2026, con una base programmatica centrata su diversi punti fondamentali e molto rigidi.
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Una de-regolamentazione estrema, indipendenza energetica totale, abolizione del deep state e una ferma ostilità verso l’immigrazione illegale o non necessaria. Musk sostiene anche la digitalizzazione del voto e la decentralizzazione dell’informazione.
Un mix tra sogno libertario, populismo trumpiano e tecnocrazia radicale. Ma c’è di più: Musk punterebbe a diventare un vero kingmaker togliendo ossigeno sia a Trump che a quello che dovrebbe diventare la vera alternativa al tycoon per la prossima edizione delle elezioni alla Casa Bianca, Ron DeSantis, che lui stesso almeno inizialmente aveva appoggiato e promosso. almeno inizialmente aveva appoggiato e promosso.
Musk e Trump erano apparsi vicini fino a pochi mesi fa. Dopo anni di diffidenza se non di ostilità, Trump aveva difeso Musk dalle critiche democratiche, e Musk aveva criticato l’amministrazione Biden in più di un’occasione. I due si erano avvicinati molto fino a diventare collaboratori strettissimi. Tanto che Musk, cosa senza precedenti, si era presentato con il figlio nella Sala Ovale della Casa Bianca ad alcuni incontri con i giornalisti.
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Generando anche qualche momento di imbarazzo quando aveva letteralmente tolto la parola a Trump. O quando il figlio, intercettato da alcuni microfoni, aveva detto al presidente… “cosa ci fai lì? Quello è il posto del mio papà….”
Non si sa se per queste ragioni, ma la relazione si è raffreddata bruscamente. Secondo quanto riportato da New York Times e Politico, la rottura definitiva sarebbe arrivata dopo una cena a Mar-a-Lago, durante la quale Musk avrebbe chiesto un ruolo formale nella futura amministrazione repubblicana.
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Elon Musk avrebbe lasciato la cena infuriato. Da allora, i suoi post si sono fatti più critici verso il trumpismo, accusandolo di immobilismo, retorica sterile e incapacita di parlare ai giovani. L’ex presidente, dal canto suo, ha risposto con frecciate su Truth Social: “Elon farebbe meglio a concentrarsi su auto e razzi e stare fuori dalla politica….”
Con la creazione del partito, Musk consolida una tendenza che va avanti dal 2022: usare X come piattaforma politica personale. Attraverso SpaceX, Neuralink, Tesla e la stessa X Corp, Musk ha costruito un ecosistema di comunicazione, finanza e cultura che gli consente di fare politica in modo totalmente autonomo.
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Ha ospitato il lancio della campagna di Ron DeSantis, ha finanziato podcast e canali YouTube vicini alla nuova destra libertaria, ha dato spazio a voci controverse (da Robert F. Kennedy Jr. a Tucker Carlson). In parallelo, ha smantellato il sistema tradizionale della moderazione dei contenuti, trasformando X in un campo minato di disinformazione e polarizzazione.
Molti osservatori, tra cui la CNN, The Guardian e il Washington Post, hanno espresso forti preoccupazioni per la creazione di un partito personale guidato da un imprenditore che controlla infrastrutture strategiche. L’accusa principale: Musk potrebbe condizionare il dibattito pubblico con economico, ma potrebbe anche indirizzare la comunicazione digitale, la logistica e il mercato finanziario con mezzi propri.
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“È come se Jeff Bezos decidesse di creare un partito usando Amazon, il Washington Post e Blue Origin come strumenti”, scrive il columnist Dana Milbank, perché Bezos, oggi, per quanto se ne parli pochissimo, è anche editore. Ed è il proprietario di alcuni dei giornali più importanti del paese.
Il rischio, per alcuni, è la nascita di una tecnocrazia autoritaria mascherata da populismo libertario.
Diversi nomi si stanno avvicinando a “X Alliance”. Tra questi, Peter Thiel, storico alleato e finanziatore di Musk, ma anche Vivek Ramaswamy, imprenditore e candidato repubblicano nel 2024, che ha già parlato di “fase nuova per la destra americana”. Altri nomi più ambigui sono il rapper Kanye Westche avrebbe offerto supporto social e media, e il conduttore Joe Rogan, molto vicino a Musk per toni e stile.
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Il nodo è capire quanto questo movimento possa spostare voti: secondo FiveThirtyEight, circa il 12% degli elettori under 40 sarebbe potenzialmente favorevole a votare un partito creato da Musk, soprattutto per le sue posizioni su libertà digitale e ostilità ai grandi apparati.
“Non voglio la Casa Bianca. Voglio cambiarla.” Così Elon Musk ha chiuso la sua intervista con Tucker Carlson. Una frase che riassume perfettamente la sua strategia: influenzare la politica americana senza sottostare alle sue regole. Fare campagna senza partito. Fare propaganda senza candidarsi. Diventare re, restando nel castello.
Il futuro dell’America, nel disordine post-Trump e nell’ascesa dei signori della Silicon Valley, potrebbe passare da qui: dal primo partito politico fondato su un algoritmo e promosso da un miliardario senza filtri. Musk vuole rivoluzionare tutto, anche la democrazia.
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