Queste le valutazioni della nostra redazione Musica per quanto riguarda la prima serata di Sanremo 2023 con Marco Mengoni subito candidato alla vittoria
La prima giornata del Festival di Sanremo 2023 ha definito una graduatoria delle prime 14 canzoni in gara giudicate dai voti della sala stampa e da tutti i giornalisti accreditati.
Indipendentemente da quello che sarà il risultato finale del Festival, atteso per sabato sera, e dai primi riscontri radiofonici, ecco le nostre pagelle.
In rigoroso ordine di apparizione.
Sanremo 2023, le pagelle
Anna Oxa – Sali
Ha sempre il coraggio di osare, di non banalizzare. A volte esagera. Questa volta ha decisamente esagerato. Come a volte le è successo in passato la foga interpretativa e una eccessiva teatralità, finiscono per penalizzare un brano non straordinario. Parole a volte nemmeno comprensibili. Graffiato ridondante e non necessario sui toni bassi. Molto meglio l’arrangiamento della sua interpretazione. Voto 5
Gianmaria – Mostro
Presenta un brano dal testo intenso e per nulla facile. Il suo stile non piacerà ai puristi ma finalmente ecco un cantante della nuova generazione che rinuncia volentieri all’autotune per lasciar fluire le sue emozioni. La canzone è estremamente radiofonica e piacerà molto ai giovanissimi. Amori tormentati e giovanili. Il ragazzo ha contenuto e non solo il faccino. Da rivedere con meno emozione in corpo e senza la tensione di un esordio pesante e senza rete. Voto 5.5
Mr. Rain – Supereroi
Bella l’introduzione classica per piano e voce, intenso il testo (“siamo angeli con un’ala soltanto riusciremo a volare solo restando l’uno accanto all’altro”). Ruffianissima ma emozionante l’idea di condividere il palco con bimbi che in nero e sneakers e con un’ala soltanto offrono spazio a un coro che tocca le corde di chi ha orecchie per ascoltare non solo le canzoncine. La parte rap è davvero fluida e incisiva. L’arrangiamento per archi è bellissimo. Un bel brano davvero. Voto 7.5

Marco Mengoni – Due vite
Gran pezzo. Lui lo interpreta con la solita classe cristallina dando spessore anche alla parte iniziale, forse un po’ troppo sottile. Quando la canzone acquisisce peso e struttura sale in cattedra. Voce cristallina, ritornello emozionante, d’altronde parliamo di una voce vera. Una delle pochissime uscite per DNA e merito da una scena italiana che tecnicamente si è molto impoverita nel corso degli anni. Lucidissima la comprensibilità del testo anche nelle sue parti più intense. Voto 8
Ariete – Un mare di guai
Peccato per quella incertezza che a un certo punto le rompe la voce e compromette una esibizione cui non si chiedeva perfezione e tecnicismo. Ma quel ‘buchetto’ è un’insidia dalla quale la ragazza esce alla grande portando la canzone fino al termine senza altre incertezze. Un brano che ha il merito di unire diverse strutture diverse, un testo da cantautore (contribuito da Calcutta), una cassa in quattro che si apre a un finale persino ballabile. Un modo diverso di raccontare un romanticismo diverso… Voto 6

Ultimo – Alba
Mai le cose semplici. Non fanno per lui. Vuole far vedere di essere maturato e sceglie una canzone davvero impegnativa, per struttura narrativa e compositiva. Il brano non ha un vero e proprio ritornello e lui abbandona definitivamente la forma rassicurante dei suoi primi successi. Il classico brano che non ‘passa’ immediatamente e che ha bisogno di qualche ascolto in più. Il crescendo finale è davvero imponente, molto lirico. E la voce lo regge splendidamente senza per forza dover cercare una perfezione interpretativa che non gli è richiesta. Tanto, tanto, tanto contenuto. Autore vero. Testo da applausi. Voto 8.
Coma_Cose – L’Addio
Una coppia sul palco e nella vita. Che sul palco porta la propria emotività anche se si parla di crisi, e alcune parole sono volutamente spesse e corrosive come la cartavetro. Chissà se i due resteranno coppia dentro e fuori la scena. Sicuramente regalano al Festival un brano sincero in cui parlano di lacrime nel camerino, valige mezze vuote. “Sparirò ma tu promettimi che io dovrò sempre tornare da te se mi dimenticherò com’ero”. La canzone diventa seduta di analisi di una coppia che affronta i rischi di una vita in cui non è consentito litigare: perché il pubblico ti vuole insieme. Voto 6.5
Elodie – Due
Produzione stilosa, molto metropolitana, ricca di influenze che riportano al dub e al drum and bass. La sua voce si staglia potente e sicura giocando con un arrangiamento di archi elegante e pieno. “Per me le cose sono due, lacrime mie e lacrime tue”. Non sfugge la scelta azzardata ma estremamente affascinante del controcanto (sul modulo basso) della sua direttrice d’orchestra: la bravissima Carolina Bubbico, suo l’arrangiamento. Un brano che dimostra come a Sanremo si possa avere stile e farsi arricchire senza farsi imprigionare dalla presenza di un’orchestra. Voto 7
Leo Gassmann – “Terzo cuore”
Se tirano di nuovo fuori la storia del figlio e del nipote d’arte c’è davvero di che incazzarsi. Leo Gassmann è molto bravo. Davvero. La mano di Zanotti (Pinguini Tattici Nucleari) si sente in una produzione che è estremamente social, orecchiabile e rende il brano immediatamente orecchiabile e piacevolissimo. Bella l’idea dei tre cuori, il terzo dei quali è maledetto perché si rifiuta di cancellare ciò che fa soffrire. Sapevatelo… Spopolerà su Tik Tok. Voto 7
I Cugini di Campagna – Lettera 22
La Rappresentante di Lista partorisce per un cliente ingombrante e non comune, un brano intelligente, semplice, che si poggia su uno schema estremamente solido e intuitivo. Una canzone italiana molto classica e rassicurante con un ritornello un po’ vintage che ricorda gli anni ’80, di cui forse il titolo. Avere nostalgia di una Lettera 22, vecchio modello di macchina da scrivere quando oggi siamo tutti digitali e con telefonino incancrenito sulle dita. Giusta la scelta di appoggiarsi solo sulla voce riconoscibilissima di Nick Luciani. Il timbro degli acuti della band non appesantisce un ritornello semplice e molto nostalgico: “Non lasciarmi solo, non lasciarmi qui”. La cosa peggiore? Il look. Che fa felici solo quelli di FantaSanremo. Voto 6

Gianluca Grignani – Quando ti manca il fiato
Niente cringe. Anche se chissà quanti pagherebbero per vederlo dare di matto e ridursi alla pantomima di se stesso. E invece Grignani si affida molto seriamente a Enrico Melozzi, co-autore, arrangiatore e direttore d’orchestra di un brano nel quale c’è un po’ di tutto. L’acustica zappata di “Destinazione paradiso”, la chitarra corrosiva di “Fabbrica di Plastica”, batteria piena di muti e serratissima ma soprattutto un testo che è davvero toccante e che metterà le lacrime al cuore di chi intorno ai 50 anni si ritrova a fare i conti con figli che crescono troppo in fretta e un padre che si capisce troppo tardi quanto manchi. Il finale è una delle cose più belle di questa prima giornata: un crescendo d’archi e chitarre degno di un’opera rock. Peccato che Gianluca, ma gli si vuole bene anche per questo, si emozioni. E la voce ogni tanto lo tradisca un po’. Come dal titolo manca un pochino il fiato anche a lui. Ma va bene così. La canzone meno banale in assoluto della prima serata. Voto 7.5
Olly – Polvere
Gioca su un terreno consono che renderà questo brano un tormentone. Autotune a pioggia, cassa in quattro, beat pieno: falsettino sul ritornello sporcato da eco e delay. La lezione di “Dove si balla” ha prodotto i suoi primi diplomati. Non è piaciuta alla sala stampa, e nemmeno troppo a chi scrive. Ma piacerà alle radio. Voto 5.5
Colla Zio – Non mi va
In un Festival che ha sempre bisogno di qualche ‘bluvertigheria’ ecco qui la canzone più sperimentale e bizzarra. Pur con parecchia distanza da Pinguini, Bluvertigo, Stato Sociale e tornando a venti anni fa Subsonica, i cinque milanesi – vestiti con una tuta colorata come se fossero i Teletubbies – si divertono a giocare con leggerezza su un testo estremamente esplicito. Altra canzone ruffiana nata per le radio che trascinerà i suoi effetti fino all’estate. Voto 6
Mara Sattei – Duemilaminuti
C’era molta curiosità per questo brano di Damiano David che sembra quasi voler mettere il vestito elegante a una canzone nella quale il frontman dei Maneskin non cerca a tutti i costi di stupire. In questo progetto c’è intelligenza. Da una parte un autore che scrive per una interprete dimenticandosi di essere uno dei produttori più pop del momento. Dall’altra una cantante che azzarda molto tra note bassissime che non sono certo nelle sue corde e lunghe parentesi verbali dove la canzone diventa un fiume in piena. “Dimmi se c’è stato amore tra quelle parole”. Un brano elegante che si lascia ricordare: pur non essendo indimenticabile. Voto 6.5