Nell’ultima versione del decreto sulle semplificazioni fiscali approvata dal Consiglio dei ministri venerdì scorso si è fatta largo anche una mini patrimoniale che rischia seriamente di andare ad intaccare i risparmi degli italiani. Si tratta di misure che riguardano il patrimonio finanziario dei contribuenti, e in maniera specifica conti correnti e conti deposito. Andiamo a vedere cosa cambia con la nuova tassa sul risparmio.
Partiamo dalla nota positiva, che riguarda il bollo sui conti correnti. Ad oggi la normativa prevedeva che l’imposta di bollo di 34,20 euro annuali venga pagata da tutte le persone fisiche intestatarie di conti, mentre con la riforma nell’ambito della manovra “salva Italia” tale costo è stato ristretto ai soli intestatari il cui conto corrente risulta attivo e con saldo medio nell’ano non inferiore ai 5 mila euro. Fatto salvo questo principio, chi non supera tale livello di giacenza media non è tenuto al pagamento di alcun bollo, il che determina un risparmio per 8 milioni di contribuenti visto che in Italia un terzo dei correntisti italiani ha un saldo non superiore alla soglia minima.
Le note dolenti iniziano ad arrivare quando si parla di deposito titoli, perché il governo ha cercato di introdurre un principio di equità trasformando l’imposta da fissa a proporzionale. L’imposta si calcola quindi applicando una percentuale sul valore totale posseduto pari allo 0,1% nel 2012, che salirà poi allo 0,15% dal 2013. La norma riguarda tutti i tipi di prodotti finanziari, anche quelli detenuti all’estero, con un limite minimo di 34,20 euro e un massimo di 1.200 euro di imposta (ma solo per il 2012). Salvi dalla tassazione soltanto i fondi pensioni ed i fondi sanitari, secondo quanto specificato nella manovra salva Italia.
C’è infine un particolare che ha fatto molto discutere perché poco chiaro e lasciato un po’ all’interpretazione dei singoli soggetti finanziari: alcuni operatori avevano interpretato la norma in maniera estensiva, inserendo anche i conti di deposito e i certificati tra gli strumenti finanziari cui si sarebbe dovuta applicare l’imposta proporzionale. Il governo ha chiarito nell’ultima versione anche questo dubbio, confermando l’interpretazione estensiva. Verranno quindi tassate le comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari, anche non soggetti a obbligo di deposito, “ivi compresi i depositi bancari e postali anche se non rappresentati da certificati”. Quindi il bollo sarà esteso anche ai titolari di strumenti finanziari che non necessitano di un rapporto base.
Resta comunque aperto uno spiraglio per i risparmiatori, visto che starà ai singoli istituti decidere come applicare la norma. Nel senso che potranno decidere se applicare l’imposizione ai conti vincolati già in corso o solo a quelli che verranno stipulati dall’entrata in vigore della norma e anche se farsi carico dell’imposta di bollo come strumento per attrarre i clienti. Insomma, oggi più che mai è necessario per il risparmiatore guardarsi intorno e studiare tutte le alternative e le offerte sul mercato.
Foto da Will Spaetzel