La storia di sesso della detenuta transgender e del secondino è finita in tribunale. La guardia carceraria di Rebibbia elargiva piccoli regali alla detenuta in cambio di rapporti sessuali
Le prometteva regali di vario genere, cioccolatini, sigarette, piccole somme di denaro, ricariche telefoniche ma tutto questo solo in cambio di sesso. La vittima è una detenuta transgender del carcere di Rebibbia. Il suo carnefice, ora a processo, è una guardia carceraria.

L’agente della polizia penitenziaria finito nel mirino della procura di Roma, come riporta il Messaggero, sarà giudicato con il rito abbreviato come dal poliziotto stesso ha richiesto. Per l’imputato le accuse sono di induzione indebita a dare o promettere utilità.
La storia di “corruzione e sesso” è fatta risalire al 7 agosto scorso (2022). Ora la guardia carceraria potrebbe rischiare una pena sino a 10 anni e mezzo di reclusione. Dopo i fatti clamorosi, l’agente in servizio nel reparto G12 è stato sospeso in via cautelativa, sino alla sentenza definitiva.
Sesso in cambio di regali: la storia della detenuta transgender e del secondino di Rebibbia
L’agente di polizia penitenziaria dovrà aspettare la sentenza definitiva per conoscere se ritornerà al lavoro oppure no. Nel frattempo, il secondino del carcere romano di Rebibbia è stato sospeso dal suo incarico dopo lo scandalo emerso dal racconto della detenuta transgender.

La sua vicenda ricorda un po’ a quella risalente al novembre del 2021. Il luogo è sempre lo stesso: il carcere di Rebibbia e quella volta, a finire agli arresti domiciliari è stato il collega del poliziotto indagato che ora è processo. Ma per l’altro agente, l’accusa, però, è diversa: corruzione.
Nella prima storia, quella del 2021, la guardia carceraria faceva entrare all’interno del penitenziario pizze e torte farcite di droghe e schede sim per telefonini. A scoprire il tutto attraverso intercettazioni segrete però, c’erano i carabinieri. L’agente infedele è finito agli arresti. Ora, un secondo scandalo si è palesato nella stessa struttura detentiva.
La ricostruzione dei fatti
Il secondino era in servizio al reparto G12 del carcere di Rebibbia temporaneamente quando avrebbe indotto una detenuta transgender ad avere con lui dei rapporti intimi. A muovere l’accusa è la Procura di Roma, nei confronti di C.R, assistente capo coordinatore di polizia penitenziaria, indiziato del reato di induzione indebita a dare o promettere utilità. I fatti risalgono al 7 agosto del 2022.
Nel capo di imputazione si legge, come riporta anche Open: “L’agente penitenziario abusando della sua qualità e delle sue funzioni induceva il detenuto ad avere rapporti sessuali”. In cambio, ala detenuta transgender, sarebbero stati promessi regali quali: sigarette, cioccolata e soldi per le ricariche di un telefono che all’interno del carcere ovviamente era vietato.
L’accusa, citata anche dal Messaggero continua: “L’induzione era correlata a vantaggi economici per il detenuto e comunque all’esercizio del potere di gestione dei detenuti in capo alla polizia penitenziaria”. Ora il secondino finito a processo è sostenuto dall’avvocata Maria Tersigni. Nel frattempo l’agente è stato sospeso dal suo incarico in via cautelare, anche se, a detta della difesa, l’abuso non sussisterebbe dato che “il ricatto contestato sarebbe stato utile ad evitargli un male più grave”. Il processo con rito abbreviato, richiesto dallo stesso agente, inizierà il prossimo luglio con l’udienza preliminare di fronte al gup Valerio Salvo.