L’omicidio di Alessandra Matteuzzi è avvenuto lo scorso 23 agosto 2022. Uccisa a Bologna sotto casa dall’ex fidanzato Giovanni Padovani. Oggi nell’inchiesta spunta una testimonianza shock
Un femminicidio avvenuto a Bologna lo scorso 23 agosto 2022 dove a perdere la vita è Alessandra Matteuzzi, morta ammazzata per mano dell’ex fidanzato, il calciatore Giovanni Padovani attualmente unico indagato per l’omicidio.

Per il delitto aggravato da premeditazione, stalking, futili motivi e legame affettivo la prima udienza del processo è fissata per il prossimo 3 maggio davanti alla Corte d’assise. Ma ora emergono nuovi inquietanti particolari dall’ossessione di Padovani nei confronti della ex compagna. Alla base di questi particolari c’è sempre la morbosa gelosia nei confronti della donna.
Secondo le indagini portate avanti dagli investigatori, Padovani, dopo il delitto sottrasse il cellulare ad Alessandra. La testimonianza shock di un investigatore che ha raccontato l’ossessione dell’omicida verso la ex fidanzata.
Omicidio Alessandra Matteuzzi, spunta la testimonianza di un investigatore privato: “Era ossessionato da lei”
Nove mesi prima di uccidere la ex fidanzata, Giovanni Padovani aveva assunto un investigatore privato che avrebbe avuto l’onere di controllare la vita di Alessandra Matteuzzi. A distanza di mesi e dopo aver letto sui giornali del delitto, il detective privato contatta la squadra mobile che ha indagato sulla morte della donna a fine agosto confessando le strane e ossessive richieste dell’allora cliente Padovani.

L’uomo ha dichiarato che il calciatore 27enne aveva richieste “ossessive e che rasentavano talvolta l’assurdità”. L’investigatore ha poi proseguito nel racconto dicendo: “Fin dall’inizio mi telefonava con grande insistenza, circa 10-15 volte al giorno, anche in orari notturni, pretendendo di avere ragguagli in tempo reale sugli spostamenti di Matteuzzi in modo da avere conferme sulle indicazioni che lei gli forniva al telefono”.
Ora questa testimonianza è agli atti dell’inchiesta per l’omicidio della donna. L’investigatore aveva preso servizio per Padovani solo tre giorni e, considerato il suo comportamento troppo pressante e ossessivo, aveva poi deciso di interrompere quel lavoro. Come riporta Leggo, il killer “era davvero eccessivo, direi ossessivo, tanto che più di una volta gli ho riferito che le sue richieste non corrispondevano al nostro modo di lavorare. A questi miei richiami Padovani insisteva, talvolta quasi implorandomi di aiutarlo ad escludere i suoi sospetti”.
Le richieste ossessive di Padovani all’investigatore
Tra le richieste che Giovanni Padovani aveva avanzato all’investigatore da lui assodato per controllare l’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi anche quella di verificare la conformità dei luoghi che la donna pubblicava sui suoi social. Non solo, Padovani pretendeva dall’uomo che si recasse nei luoghi dove lei lavorava in modo da fare un video all’interno del bagno in modo che lui potesse verificare la corrispondenza dei luoghi.

Alla polizia l’investigatore ha riferito anche di non aver rilevato un potenziale pericolo che potesse far ipotizzare un prossimo omicidio, ma di aver pensato che quelle richieste fossero motivate da un’insicurezza esagerata del 27enne. Un vicino di casa della donna, invece, ha raccontato, come riporta Leggo, le fasi del delitto a cui, quel giorno, ha assistito: “Non mi era mai capitato in vita mia di assistere direttamente a una scena così cruenta”.
Anche questa testimonianza è stata messa agli atti dalla Procura all’interno dell’indagine per la morte di Alessandra. Il vicino ha dichiarato che intervenne per cercare di calmare il calciatore, quando però era ormai troppo tardi. Padovani aveva già ucciso a martellate Alessandra. Infine, sempre il testimone ha dichiarato che lo stesso Padovani, dopo aver assassinato la donna, a un certo punto raccolse da terra il cellulare della vittima iniziando a scorrere le chat e aprendone qualcuna aggiunse, rivolto all’uomo: “guarda, vedi che mi tradisce”. Alla fine, l’assassino avrebbe ripetuto a chi aveva assistito al massacro: “Non ce l’ho con voi. Tanto in carcere ci vado”.