Continue novità sulla questione di Matteo Messina Denaro e il suo prestanome Andrea Bonafede: la decisione del Tribunale del Riesame e gli scenari.
L’uomo accusato di essere il prestanome di Matteo Messina Denaro resta in carcere. A suo carico pendono le accuse di associazione mafiosa e procurata inosservanza di pena aggravata. Andrea Bonafede è un geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità al boss fino a poco tempo fa latitante.

Per conto dell’ormai ex latitante avrebbe acquistato una casa al cui interno lo stesso Messina Denaro ha trascorso gli ultimi mesi prima dell’arresto avvenuto a Palermo vicino la clinica privata La Maddalena. Proprio il Tribunale del Riesame ha respinto il ricorso presentato dalla difesa. Dall’altro lato, invece, i legali avrebbero parlato di una possibile grave minaccia (“mai concreta” ndr) che, di conseguenza, avrebbe causato una sorta di aut aut per il vero Bonafede.
Messina Denaro, Andrea Bonafede non esce dal carcere | Qual è il motivo
Il legale di Bonafede ha presentato una richiesta di revoca, parlando di una decisione di assecondare le richieste del boss per paura di qualcosa, rigettando però presunte minacce rivolte al proprio assistito. Ciò sarebbe diretta conseguenza del curriculum criminale di Matteo Messina Denaro.

Il geometra e il padrino, così come raccontato dall’avvocato del vero Bonafede, si conoscerebbero sin da quando erano ragazzi e circa due anni fa si sarebbero rivisti. Nessuna minaccia esplicita denunciata dal legale, intanto i giudici hanno preso tempo per una decisione che necessita in ogni caso di ulteriori approfondimenti di natura investigativa.
La difesa di Bonafede poggia sullo stato di necessità, da qui la scelta di parlare di quanto accaduto. Nessun commento su possibili minacce, pur parlando di una qualche forma di timore per la rilevanza del soggetto in questione.
Il racconto dell’avvocato
Da un incontro di qualche anno fa fra padrino e geometra sarebbe partito tutto, poi la richiesta di aiuto nei confronti di Andrea Bonafede. Di fatto, quindi, non avrebbe negato di sapere chi fosse realmente Matteo Messina Denaro. Il presunto stato di necessità perdurato per due anni, però, non sarebbe stato ritenuto adeguato per quanto accaduto, nonché per il lungo periodo oggetto dell’attenzione investigativa.

La tesi difensiva, con tanto di richiesta di scarcerazione, era stata presentata negli scorsi giorni. Di fatto, però, ciò non avrebbe convinto i giudici, in merito alla revoca della misura cautelare in carcere, respingendo la richiesta di una misura meno stringente per il vero Andrea Bonafede. In sostanza, quindi, l’uomo dovrà rimanere nella casa circondariale poiché esiste la persistenza di un rischio legato al pericolo di fuga, nonché possibile alterazione di prove utili alle indagini.
Bonafede continua a sostenere la tesi del “timore reverenziale” nei confronti di Matteo Messina Denaro, confermando però di non aver ricevuto alcuna minaccia diretta. Sul caso si era espressa anche una persona vicina all’uomo. “Mi metto nei suoi panni, come faceva a dire di no a Matteo Messina Denaro? Credo che anch’io avrei fatto così se mi fosse capitato“, ha ribadito l’ex moglie di Bonafede.
In carcere anche il cugino del vero Bonafede
Il cugino omonimo di Andrea Bonafede risulta anch’egli in carcere, così come il medico Alfonso Tumbarello. Il medico avrebbe effettuato oltre 130 ricette prescrizioni fra ricette mediche, esami, richieste di ricovero e analisi del sangue durante tutti questi anni di latitanza.
La Procura di Palermo avrebbe accertato prestazioni sanitarie, prescritte dal medico, al fine di curare il tumore, così come la possibilità di non far scoprire la proprio identità. Per il cugino di Bonafede, invece, emergono le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravanti dall’aver favorito l’azione di Cosa Nostra. Un intreccio di vicende che gli inquirenti stanno analizzando per ricostruire la rete di contatti del boss arrestato lo scorso 16 gennaio a Palermo.