Donna uccide il figlio di 2 anni e a distanza di qualche tempo in tribunale la richiesta è di 30 anni di carcere: cosa è emerso sulla vicenda della mamma omicida.
La storia è quella di Erzsebet Bradacs, una donna 44enne accusata di aver ucciso suo figlio di due anni in Umbria. Sulla vicenda è in corso un processo a carico proprio della cittadina ungherese.

Il pm Manuela Comodi ha chiesto 30 anni di carcere per la donna che avrebbe agito “in modo consapevole e con piena premeditazione“, ribadisce il pubblico ministero. Riconosciuta in ogni caso l’attenuante del vizio parziale di mente. “L’idea di uccidere era molto precedente al fatto, frutto di uno scompenso improvviso ma di determinismo consapevole“, spiega il pm.
Dal delitto alla confessione
La donna uccise ad ottobre 2021 suo figlio di due anni a coltellate a Po’ Bandino di Città della Pieve. La cittadina ungherese di 44 anni causò il decesso del piccolo, con diverse coltellate, adagiando il corpo su un nastro trasportatore della cassa di un supermercato.
L’imputata aveva saputo una settimana prima del delitto che il tribunale le avrebbe “tolto l’affidamento del figlio e lo aveva dato in maniera esclusiva al padre. L’idea di uccidere era precedente al fatto, frutto di uno scompenso improvviso ma di determinismo consapevole“, ribadisce il pubblico ministero.

La donna portò il corpo del piccolo ad un supermercato Lidl a Po’ Bandino, in provincia di Perugia, frazione di Città della Pieve, adagiando il corpo insanguinato sulla cassa. Inevitabile in questi casi lo sgomento dei presunti. All’epoca dei fatti raccontò di aver trovato il piccolo fuori dal supermercato, in seguito all’arrivo dei carabinieri ammise invece di essere la madre. Il padre del piccolo Alex abitava in Ungheria e trovò la forza di raccontare l’orrore vissuto in quei giorni.
All’origine di tutto ci sarebbe stata una sorta di vendetta, da parte della donna, dopo aver perso l’affidamento del figlio. “A suo figlio ha detto di dirmi che io avevo chiuso col mio“, ha raccontato il padre del piccolo. La donna si trova intanto in carcere dal primo ottobre 2021 e a distanza di tempo ha cambiato versione dei fatti. Alla fine, però, ammise di aver compiuto l’omicidio di suo figlio.
La richiesta del pm e la scelta della difesa
Il pm Comodi ha chiesto la condanna a 30 anni di reclusione al termine della requisitoria che si è tenuta davanti alla Corte d’Assise di Perugia. Gli avvocati Luca Maori e Enrico Renzoni, difensori della madre del piccolo Alex, ucciso con sette coltellate in un casolare abbandonato a Pò Bandino il primo ottobre 2021, hanno chiesto l’assoluzione.
La motivazione è quella di uno stato mentale “tale da escludere la capacità d’intendere o di volere”, da qui la richiesta di un difetto di imputabilità. L’ultima spetterà ora ai giudici in camera di consiglio decidere sull’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione nei confronti di Katalin Erzsebet Bradacs.

Secondo gli avvocati della Bradacs “al momento del fatto era affetta (e lo è ancora) da una grave patologia psichiatrica“. A dimostrarlo emergerebbe infatti “l’assurdità delle azioni compiute immediatamente dopo l’omicidio del piccolo Alex. Fotografare il bambino appena ucciso e inviarne immagini e video al figlio maggiore e ad altri conoscenti, entrare nel supermercato e adagiare il piccolo sul nastro trasportatore della cassa e lo stesso girovagare per ore senza meta“, spiegano.