Interrogato l’accoltellatore di Milano. Cosa non convince nella sua ricostruzione

L’accoltellatore di Milano, Abrahman Rhasi, non convince gli inquirenti. Il 23enne, interrogato a San Vittore, ha detto di non ricordare nulla. Cosa si nasconde dietro il racconto

L’ultimo ricordo di Abrhaman Rhasi, l’accoltellatore di Milano, era sotto l’effetto di alcol e cinque pastiglie di Rivotril quando ha seminato il terrore in città. Interrogato in carcere agli inquirenti ha raccontato di non ricordare assolutamente nulla delle sei aggressioni che lui stesso ha compiuto nei pressi della stazione Centrale.

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Interrogato l’accoltellatore di Milano. Cosa non convince nella sua ricostruzione (ansa) qnm.it

L’ultima immagine che il 23enne dice di ricordare è precedente al raptus che lo ha spinto a commettere, alcuni minuti dopo, diversi accoltellamenti nelle vie periferiche della stazione milanese. Agli inquirenti a San Vittore, ha riferito, come riporta stamani il Corriere: “Mi ricordo soltanto fino al momento in cui sono entrato in un bar e ho comprato da bere. Ma dopo aver preso delle pasticche non ricordo più nulla”.

Nella mente dell’aggressore di origini marocchine, tutto si sarebbe offuscato dopo il cocktail di alcol e ben cinque pastiglie di Rivotril, uno psicofarmaco a base di benzodiazepine. Poi, il nulla. Nei suoi ricordi non c’è niente che riporti alle cinque rapine effettuate in pieno giorno né tantomeno delle aggressioni con il coltellino sulle sei persone.

Accoltellatore di Milano: l’interrogatorio in carcere non convince gli inquirenti

Non sembra ricordare le rapine avvenute tre giorni fa tra via Gluck e via Bruschetti; nel sottopasso Mortirolo; in via Sammartini; in viale Brianza. Né l’ultima, avvenuta in viale Andrea Doria, l’unica non portata a segno. Non ricorda neanche delle sei persone che ha aggredito alle spalle con il suo coltello.

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Interrogato l’accoltellatore di Milano, cosa non convince gli inquirenti del racconto fatto dall’uomo (ansa) qnm.it

Durante l’interrogatorio in carcere avvenuto mercoledì scorso, Abrhaman Rhasi non ricorda assolutamente nulla. Lo ha ripetuto più volte al gip Lidia Castellucci, la quale ha disposto la sua permanenza in carcere. Mentre, alla pm Maura Ripamonti, l’aggressore di Milano ha detto: “È possibile che sia stato io, non lo so, non ricordo, avevo assunto tanto alcol e droga”.

Secondo quanto riferito dall’accoltellatore, lunedì scorsa avrebbe acquistato lo psicofarmaco, Rivotril, da un tunisino in zona piazza Duca d’Aosta per due euro a compressa. L’uomo al giudice racconta che da quando è in Italia fa uso di eroina, hashish e pasticche. Le analisi tossicologiche disposte dalla procura di Milano daranno conferma di quanto detto dal marocchino.

Il racconto che non convince gli inquirenti

Abrahman Rhasi parla solo nella sua lingua d’origine, l’arabo, e racconta in aula di aver lasciato in Marocco la madre e le sorelle. A Milano vive per strada e a detta dello stesso, ormai fa quella vita da non più di quaranta giorni. Dal suo arrivo in Italia dorme tra i tunnel che passano sotto i binari della stazione Centrale a pochi metri dalle vie in cui l’altro giorno ha aggredito ogni donna che ha incrociato lunga la strada.

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Interrogato in carcere l’accoltellatore di Milano non convince con il suo racconto (ansa) qnm.it

L’accoltellatore di Milano, durante l’ultimo colpo, viene richiamato da tre nordafricani che stanno assistendo da vicino all’aggressore. Conoscevano Abrhaman, “Si sono avvicinati e lo hanno chiamato per nome” dice una delle vittime aggredite a Milano in aula che nota come questi siano poi spariti subito all’arrivo dei poliziotti.

Il 23enne marocchino ribadisce la sua non colpevolezza dicendo: “Io non ho mai rapinato o derubato altre persone prima di lunedì”. Ma la polizia racconta un’altra storia, perché l’uomo era stato già segnalato per un’altra rapina messa a segno solo il mese appena passato. Era, infatti il 6 febbraio scorso quando Rhasi arriva forzatamente al Policlinico San Donato perché il 23enne anche in quell’occasione era “in evidente stato di alterazione fisica”. Gli agenti gli trovano addosso un cellulare che non è il suo. Il telefono appartiene a un 37enne derubato mezz’ora prima su un bus. Nel frattempo, il difensore del marocchino, l’avvocato Nicola D’Amore, chiederà che sia valutata la capacità di intendere e di volere del giovane aggressore.