L’omicidio Maimone è un episodio accaduto durante una serata fra amici: ora parla il 19enne Francesco Pio Valda.
Il presunto autore del delitto di Francesco Pio Maimone ha 19 anni e ha raccontato dal carcere quanto vissuto nell’arco della sua vita. Un percorso difficile e pieno di problemi che lo hanno portato a convivere con diversi problemi in famiglia.

Francesco Pio Valda è accusato di aver ucciso un altro giovane durante una serata trascorsa vicino lo chalet Sasà in zona Mergellina. Un colpo di pistola mortale che non ha lasciato scampo al giovane. Ora emergono nuovi dettagli sull’interrogatorio avvenuto in carcere.
L’interrogatorio del presunto killer
Valda ha raccontato alcuni aspetti della sua infanzia, alcuni alquanto sconvolgenti. Il giovane sarebbe infatti nato quasi per miracolo dopo un’aggressione, a colpi di coltello, subita dalla madre mentre era incinta. A fare tutto ciò sarebbe stato proprio il padre violento. I due genitori vengono citati dal giovane soltanto con i pronomi, nessun riferimento preciso. “Mi sono salvato per miracolo. Perché lei era incinta di me, e lui ha cercato di pugnalarla. Così, sulla pancia: zac, zac, zac“, ribadisce Valda parlando con gli inquirenti.
Ed è bastata una semplice macchia sulle sneakers, presumibilmente del valore di mille euro, per scatenare la reazione omicida. Sta di fatto che il giovane avrebbe impugnato una pistola revolver, sparando probabilmente sulla folla e colpendo Maimone. Alcuni testimoni, come si evince dagli atti processuali, hanno parlato di 3-4 colpi calibro 38 esplosi ad altezza d’uomo intorno alle ore 2 del mattino.

Non si tratta del primo arresto di Valda. Già a maggio 2021 l’attuale 19enne è stata fermato per droga, poi l’arrivo nella comunità Jonathan di Scisciano. Evitato in quel caso il carcere, ma in seguito la fuga e le violazioni per possesso di telefono e fumo in camera. Proprio la decisione di fuggire gli sarebbe costato il ritorno in carcere, a seguire un anno in un’altra comunità della provincia di Caserta.
Il racconto sul giovane
Si tratta a tutti gli effetti di una “messa in prova“. Rabbia e violenza sono l’emblema però di quanto vissuto che è sfociato nella tragica notte agli chalet. A parlare di quanto accaduto è Silvia Ricciardi, fondatrice dell’associazione Jonathan insieme a Enzo Morgera. “Ogni volta che uno dei ragazzi passati di qua è travolto da accuse così gravi è uno choc e ogni volta pensi: aveva alle spalle un quartiere difficile. Un contesto familiare inesistente dal punto educativo, grave dal punto di vista giudiziario. La sua storia si può sovrapporre all’emarginazione di tanti, troppi Valda. Ma i nostri trent’anni di lavoro con i minori testimoniano che carenze e ‘vuoti’, anche istituzionali, aumentano“, ribadisce Ricciardi.

Grande amarezza anche per la comunità La Mongolfiera, altro luogo in cui Valda ha passato circa un anno. “Valda è stato con noi senza creare particolari problemi. Sì, sembrava volesse provare a costruirsi qualcosa di diverso: ma il contesto restava quello d’origine. La tristezza è che, se ben ricordo, voleva andare a lavorare fuori, in Toscana, dove c’erano alcuni parenti“, ha sprecato Felice Di Donato, responsabile della comunità.
Come scoprì la morte del padre, tutti i dettagli
La faida dei Cuccaro, un clan di San Giovanni Barra, portò al decesso del padre di Francesco Pio Valda. I nonni del giovane parlarono con il giovane, spiegando però di aver visto la notizia direttamente su Internet.
“I miei nonni mi avevano detto: un incidente, see. Una se ne va e abbandona i figli? Che mamma è“, ribadirà in un colloqui parla della madre e anche della morte del padre. Gli inquirenti parlano di un “adulto precoce” cresciuto a colpi di “violenza“. “Stavo in quella famiglia, ma non sono associato, non sto con nessuno“, ha ribadito il giovane parlando di quanto accaduto tempo fa al padre.