Emanuela Orlandi è scomparsa da 40 anni e della giovane non si sa più nulla. Dalle ipotesi sul sequestro alle false piste per depistare le indagini.
Un caso irrisolto da tantissimi anni sul quale si è detto tutto e il contrario di tutto. Varie ipotesi vagliate, alcune interrotte bruscamente, altre terminate con un finale tragico. Sta di fatto che di Emanuela Orlandi non si sa nulla dal 1983, le sue tracce si persero 40 anni fa e da quel momento iniziò il calvario della sua famiglia.

Smentite, indiscrezioni, false piste e tanto altro hanno accompagnato questi lunghi anni dal quel giorno in cui l’allora 15enne scomparve. Il fratello Pietro Orlandi non si è mai arreso e ha sempre cercato la verità su cosa sia realmente accaduto a sua sorella Emanuela.
Il giorno della scomparsa
Emanuela Orlandi è una cittadina vaticana scomparsa nel 1983 a Roma all’età di 15 anni. La ragazza frequentò all’epoca una scuola di musica in piazza Sant’Apollinare (Roma), improvvisamente fu rapita all’uscita dalla struttura e da lì in poi in seppe più nulla. La giovane non fece più ritorno a casa e da quel momento in poi iniziò l’incubo della famiglia che, a distanza di 40 anni, cerca ancora la verità sulla scomparsa della giovane.
L’ipotesi banda della Magliana
Ricerche inevitabili e primi sospetti sul possibile coinvolgimento della banda della Magliana nel sequestro di Emanuela Orlandi. Ancora nessuna certezza sul mandante, ma molti avrebbero ipotizzato il coinvolgimento di importanti esponenti del Vaticano. Sta di fatto che si tratterebbe di ipotesi non corrispondenti, almeno al momento, ad alcuna verità giudiziaria. La ragazza non è mai stata ritrovata viva o morta, un mistero che va avanti da tantissimo tempo e sul quale è inevitabile voler chiarire tutto.
Da sempre Pietro Orlandi, fratello della giovane, accusa il Vaticano di non aver parlato, chi avrebbe potuto farlo in alcuni casi “è passato a miglior vita“. Sta di fatto che nell’immediato dopo la sparizione si ipotizzò un collegamento fra la scomparsa della ragazza e l’attentato subito da Giovanni Paolo II. In questa direzione si inquadrerebbe la telefonata di un tale “Americano”, ribadendo di essere il sequestratore.

Ci furono numerose telefonate, seguita dalla richiesta di liberazione di Ali Ağca, l’attentatore del papa, mai però una prova concreta circa l’esistenza in vita di Emanuela Orlandi, così come l’ipotesi di una ragazza tenuta in ostaggio dai Lupi Grigi. Si tratta in questo caso dell’organizzazione della quale Ağca fece parte al tempo.
Una ipotesi concreta, emersa nel 2005, arrivò dal programma Chi l’ha visto con la telefonata di un anonimo che chiese all’epoca di indagare su chi fosse sepolto nella basilica di Sant’Apollinare, proprio lì dove Emanuela frequentò l’accademia musicale.
Le indagini portarono ad una scoperta sconvolgente: il defunto fu Enrico De Pedis, detto Renato, boss della banda della Magliana ucciso a febbraio 1990. Diversi interrogativi sulla presenza di un criminale sepolto al Vaticano e ancora tanti interrogativi ancora da chiarire a distanza di tempo.
L’annuncio di Sabrina Minardi
Ma nel 2008 fu la stessa Sabrina Minardi, per alcuni anni compagna di De Pedis, a rivelare che Emanuela Orlandi fu uccisa e il corpo gettato in una betoniera in zona Toravaianica. Proprio in questo caso, quindi, l’idea della banda della Magliana riprese piede. Secondo il racconto della donna, la 15enne sarebbe stata rapita da De Pedis, tenuta prigioniera in un’abitazione via piazza San Giovanni, per poi essere consegnata a dei prelati.

Gli accertamenti non evidenziarono scoperte degne di nota, pur ascoltando Minardi in diverse circostanze, ma sempre con alcuni elementi contraddittori e ricostruzioni, da qui l’indagine per la stessa donna. Dopo cinque anni il fotografo Marco Fassoni Accetti parlò di vicenda internazionale, risultando al contempo inattendibile, con tanto di consulenza psichiatrica che accertò gravi disturbi della personalità.
I dubbi su Ali Ağca
La famiglia di Emanuela Orlandi chiese alla magistratura l’apertura di una istanza per interrogare l’ex terrorista turco che provò ad uccidere Papa Wojtyla nel 1981. La decisione arrivò dopo la visita dell’ex Lupo Grigio sulla tomba di Giovanni Paolo II, con tanto di mazzo di fiori.

Lo stesso Ağca confermò l’ipotesi sul rapimento per conto del Vaticano, con tanto di nome di un cardinale, quest’ultimo smentì però tutto in un confronto con lo stesso Pietro Orlandi. La Procura di Roma stabilì in ogni caso l’inattendibilità dell’uomo che, di conseguenza, sarebbe stato portatore di indicazioni “infondate e poco credibili“.
Il ritrovamento di ossa
Durante alcuni lavori di ristrutturazione, avvenuti in un locale della Nunziatura Apostolica (via Po 27), furono scoperti nel 2018 alcuni frammenti ossei, da qui l’idea che uno di questi potesse riguardare Emanuela Orlandi o Mirella Gregori, un’altra 15enne scomparsa sempre nel 1983. Anche in quel caso, però, le analisi parlarono di un ritrovamento risalente all’epoca romana.
L’anno successivo sempre la famiglia Orlandi presentò istanza per informazioni su una tomba del cimitero teutonico che si trova nella Santa Sede. L’inchiesta non portò risultati e le perizie ribadirono, anche in questo caso, reperti databili ad un’epoca anteriore alla scomparsa della giovane.
Si trattò di resti risalenti ad almeno un secolo prima della scomparsa di Emanuela Orlandi. Ora la famiglia spera che la formazione della commissione d’inchiesta possa fare luce sul caso Orlandi e anche su quello Gregori. Intanto Paolo Orlandi è stato convocato in Vaticano e a breve dovrebbe parlare con Alessandro Diddi, Promotore di Giustizia all’interno del Vaticano: l’incontro si terrà dopo Pasqua. “È la prima volta che veniamo convocati“, ribadisce l’avvocato Laura Sgrò.