I 23 agenti della Polizia penitenziaria torturavano i detenuti del carcere di Biella infliggendo loro umiliazioni continue, violenze fisiche e psicologiche. Sospesi dal servizio dalla procura
Subivano ogni genere di vessazioni da parte di 23 agenti della Penitenziaria, ora sospesi dall’incarico. I detenuti del carcere di Biella erano soggetti a costante violenza non solo psicologica ma anche fisica: botte, calci, insulti e umiliazioni di ogni genere. Addirittura, in alcuni casi, anche l’utilizzo di nastro adesivo per legare i carcerati.

Il clima che si respirava nella casa circondariale biellese era quello di sopraffazione e abusi. Per tale motivo la Procura della Repubblica ha sospeso gli agenti della Polizia penitenziaria per il reato di tortura di Stato. Stando a quanto reso noto, sarebbero addirittura 28 e non 23 gli indagati coinvolti nelle violenze.
Nel comunicato della Procura che ha portato, poi, alla sospensione degli indagati, si ripercorre l’intero iter di violenze subite dai detenuti all’intero del carcere. Tutto inizia lo scorso 3 agosto quando, come riporta anche fanpage, il vice Comandante pro tempore “aveva redatto una comunicazione di notizia di reato nei confronti di un detenuto deferito in stato di libertà”.
Torturavano i detenuti con botte e umiliazioni. Il racconto dell’orrore nel carcere di Biella
Nella nota divulgata dal vice Comandante in merito agli episodi di violenza e tortura subiti all’interno del carcere di Biella dai detenuti da parte dei secondini, si evidenziano una serie di minacce e soprusi in modo particolare da parte di un detenuto. L’agente sospeso, in quel caso aveva dichiarato di “aver dovuto utilizzare del nastro adesivo” per legare il carcerato per qualche minuto nonostante fosse già ammanettato.

Questa è un’evidente violazione dell’art. 41 della Legge sull’Ordinamento Penitenziario. La comunicazione dell’agente, dunque, invece di attenuare qualunque domanda sulle violenze, ha fatto scattare un’indagine da parte della Procura di Biella. Questo evento è solo uno dei tanti documentati ai danni del detenuto. Dalle indagini effettuate è venuto fuori che il vice Comandante in questione e gli altri agenti avrebbero avuto la stessa condotta almeno altre due volte.
Delle tre vittime accertate solo una ha deciso di procedere penalmente nei confronti degli agenti di Polizia penitenziaria mentre gli altri, spaventati per le ripercussioni, avevano optato per il silenzio. I tre casi presentavano anche forti analogie, come denunce passate per resistenza e minaccia a Pubblico Ufficiale. Caso strano è che tutte le denunce comparivano in concomitanza agli eventi di tortura subiti dai carcerati.
Torture di Stato: l’accusa ai 23 agenti
I detenuti vittime dei soprusi sono stati interrogati come parti offese raccontando quanto accadeva all’interno delle stanze del carcere biellese. Le accuse rivolte ai secondini sono state poi confermate dai video delle telecamere di sorveglianza interna nonché dai referti medici dei tre detenuti.

Alla luce dei fatti, la Procura è intervenuta emettendo le misure cautelari interdittive nei confronti dei 28 indagati della Polizia penitenziaria. Ipotizzando anche il reato di falso ideologico in merito a quanto scritto nella nota del vice Comandante. Secondo gli investigatori, oltre ai maltrattamenti fisici come schiaffi e pugni, i detenuti erano stati anche ammanettati e lasciati nudi.
La Procura della Repubblica, come riporta fanpage, scrive: “L’ipotesi accusatoria secondo cui esiste all’interno del Carcere di Biella un metodo punitivo e un clima di generale sopraffazione creato e coltivato dal vice Commissario, con la complicità di altri agenti, trova precisi elementi di sostegno. Tali metodi possono essere definiti crudeli in quanto causa di sofferenze fisiche e umiliazioni non necessari. Gli ordini del vice Comandante non potevano essere considerati legittimi perché in palese contrasto con l’ordinamento penitenziario”.