Alessandro Maja chiede perdono a Nicolò dopo aver ucciso moglie e figlia, la risposta: “Non provo odio, ma…”

La strage di Samarate è quella in cui Alessandro Maja ha ucciso moglie e figlia. L’unico superstite è il figlio Nicolò: cosa ha dichiarato l’uomo in Aula. 

Alessandro Maja avrebbe chiesto perdono per quanto accaduto fra il 3 e il 4 maggio 2022 a Samarate, in provincia di Varese. L’uomo uccise in casa la moglie Stefania Pivetta, la figlia 16enne Giulia e ferì gravemente il primogenito Nicolò.

Alessandro Maja
Alessandro Maja durante il processo per la strage di Samarate (ANSA)

L’uomo lavorava nel campo della progettazione degli spazi interni, ora si trova però in carcere e ha deciso di parlare durante il processo in corso a Busto Arsizio. L’autore della strage ha chiesto “perdono per qualcosa di imperdonabile” e lo ha fatto in Aula di tribunale.

Il caso

Il primogenito si è salvato dopo un lungo periodo di cure e adesso ha deciso di seguire il processo con gli zii e il nonno. Nicolò Maja ha raggiunto infatti l’Aula del Tribunale di Busto Arsizio in carrozzina proprio dopo un lungo e difficile periodo trascorso in ospedale. Per l’uomo reo confesso, invece, è il momento di chiedere scusa e di farlo durante la sentenza che si è tenuta dinanzi la Corte d’Assise. Per l’imputato è giunto il momento di rispondere alle domande del pm, poi la scelta di rendere delle dichiarazioni spontanee.

Avrebbe chiesto scusa a tutti, rivolgendosi in particolare anche al figlio. “Nicolò, mi hai conosciuto come padre e forse come padre ti sono piaciuto. Purtroppo la cosa è successa e non si torna indietro, non penso al suicidio […] Ho commesso un reato imperdonabile e chiedo perdono, non so come scusarmi“, spiega Alessandro Maja dinanzi ai giudici.

Nicolò Maja
Nicolò Maja è l’unico superstite della tragedia di Samarate (ANSA)

Nel corso dell’udienza, infatti, Alessandro Maja si sarebbe concentrato sull’analisi del rapporto con la moglie Stefania. L’uomo è sceso nei dettagli e fornito la sua versione dei fatti, andando anche oltre la natura del delitto familiare. “Spendeva troppi soldi e mi sentivo trascurato, se tornavo a casa dopo aver tagliato i capelli non si accorgeva neanche“, ha ribadito l’uomo che si trova in carcere.

Sembrerebbe emergere un quadro di patologica frustrazione come movente per la strage familiare accaduta a maggio 2022 in provincia di Varese. Intanto il processo continua e non mancano le strategie della difesa del reo confesso. Proprio in tribunale, però, Maja avrebbe fornito una motivazione del gesto, seppur in maniera parziale, ammettendo di vivere un rapporto difficile con la moglie Stefania Pivetta.

La risposta di Nicolò

Nicolò ha vissuto dei mesi difficilissimi e ora è uscito dall’ospedale, non senza conseguenze dopo quanto compiuto dal padre. Intanto il pm Susanna Molteni ha formulato diverse domande ad Alessandro Maja, uomo imputato per la strage di Samarate. L’uomo ha spiegato di aver ucciso prima la moglie, poi la figlia, colpendo infine Nicolò: pensava fosse morto, ma in realtà non lo era.

Durante la richiesta di perdono, da parte dell’uomo nei confronti del figlio che si trova su una sedia a rotelle, il nonno Giulio Pivetta ha abbandonato l’Aula e successivamente spiegato i motivi: l’uomo era insieme a Ines e Mirko, gli zii di Nicolò. “Non potevo ascoltare certe cose“, ha spiegato il padre della donna uccisa.

Nicolò Maja Alessandro
Nicolò Maja, l’incontro in tribunale con il padre-killer (ANSA)

Adesso è facile chiedere perdono Non nascondo che fa effetto vedere un uomo ridotto così. Ma che perdono dopo che abbiamo letto le perizie e ascoltato le modalità?“, ha ribadito visibilmente scosso Mirko Pivetta. I conti correnti della famiglia non avrebbero però riscontrato problemi di natura economica, cosa invece denunciata dall’uomo che si era detto “preoccupato per un errore“, nonché per “le spese della moglie“.

Nicolò ha intanto parlato dopo il commento del padre che ha chiesto perdono per la strage compiuta. “Non riesco a provare odio nei suoi confronti però il perdono in questo momento penso sia difficile“, ha spiegato il ragazzo che è giunto in tribunale, indossando la maglia su cui sono stampati i volti della madre Stefania e della sorella Giulia.