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Il tesoro italiano dell’ex dittatore libico Gheddafi comprende auto di lusso, moto e investimenti anche in colossi del calibro della Juventus, Unicredit e Fiat. Un ingente tesoro, che la Guardia di Finanza ha posto sotto sequestro e che sta cercando di quantificare.
I beni di Gheddafi in Italia o, comunque, riconducibili alla sua famiglia e al suo entourage, rappresentano quanto di meglio e più costoso si possa pensare. Tra le auto e le moto, una Maserati, diverse Ferrari, un Hummer e numerosi SUV. Spicca anche una bizzarra Fiat 500 di colore verde corazzata.
Questo modello è stato fatto costruire appositamente dalla carrozzeria Castagna ed ha un peso complessivo di oltre una tonnellata. Nonostante questo, prevede un motore elettrico a batteria in grado di vantare una autonomia prossima ai 260 chilometri. Nell’arsenale dell’ex dittatore anche una Harley Davidson.
Ma se auto e moto rappresentano, probabilmente, più uno sfarzo che un vero e proprio investimento, diversa è invece la questione legata agli investimenti in grandi nomi dell’eccellenza italiana in termini economici. Basti ricordare la partecipazione dello 0.58% in Unicredit ed Eni per un valore di 410 milioni e quello del 2% in Finmeccanica, da circa 40 milioni. Ma non finisce certo qui.
Tornando al settore delle automobili, ma guardandolo dal punto di vista degli investimenti, Gheddafi possedeva quote azionarie di Fiat Spa e Fiat Industrial pari allo 0.33%, per un valore rispettivamente di 19 e 34 milioni di euro.
Un patrimonio immenso dunque, e nella sola Italia. Chiaramente, situazioni analoghe possono essere trovate anche altrove. Si stima che, complessivamente, i beni di Gheddafi siano stati posti sotto sequestro per un ammontare di oltre 100 miliardi, 1 miliardo di euro in Italia.
Nel nostro Paese è intervenuta la Guardia di Finanza su decreto emesso dalla Corte d’Appello di Roma come previsto da una rogatoria internazionale emanata dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aja nell’ambito del procedimento per crimini contro l’umanità nei confronti di Gheddafi, del figlio e del capo dei servizi segreti libici. E’ verosimile l’ipotesi che, anche in altri Paesi, le varie strutture di controllo, si stiano muovendo nella stessa direzione.