La riforma del lavoro voluta dal governo ha rivisto anche le regole per l’accesso alle pensione. Le novità per il sistema previdenziale sono molte, e non si riducono certo a quanto visto (e discusso) in questo intenso 2012. Con l’arrivo dell’anno nuovo, infatti, vedranno la luce alcune modifiche importanti per chi sta ancora percorrendo la strada verso i requisiti per la pensione. Modifiche purtroppo non positive, visto che in generale si prevede una pensione più magra del 3-4%, con ulteriore allontanamento della soglia d’etò minima di accesso.
L’intero impianto della riforma delle pensioni risponde alla necessità di austerity più volte reclamata da Monti e dalla Fornero, ma l’impressione è che, ancora una volta, saranno i comuni cittadini a dover stringere la cinghia. La pensione si allontana di almeno 3 mesi a causa del meccanismo che, dal primo gennaio 2013, adegua alle aspettative di vita i coefficienti di trasformazione in rendita e i requisiti di età. Questo significa che l’età per raggiungere la pensione sarà agganciata alle aspettative di vita, con inevitabile spostamento in avanti dei requisiti minimi.
Il Corriere della Sera ha cercato di comprendere gli sviluppi di queste modifiche, affidando l’analisi alle simulazioni realizzate dalla società indipendente di consulenza in educazione e pianificazione finanziaria Progetica: “Con questo sistema – spiega in proposito Andrea Carbone, partner della società – a partire dal primo gennaio 2013 il quando e il quanto della pensione saranno agganciati in modo automatico alle statistiche sulla vita media. L’adeguamento sarà triennale sino al 2019, e successivamente diventerà biennale”.
I punti focali della mini-riforma sono due: il primo riguarda i coefficienti di trasformazione, ovvero le percentuali che, applicate al montante contributivo (la somma dei contributi accantonati), determinano il livello della pensione che si andrà ad ottenere: “Con l’allungamento della vita lavorativa previsto dalla riforma Monti- Fornero – spiega ancora Carbone – anche nel sistema Inps sono stati previsti coefficienti propri anche per i lavoratori con più di sessantacinque anni. In questi casi, in precedenza venivano applicati quelli, più bassi, adottati per i sessantacinquenni: i coefficienti dai 65 ai 70 esistevano già per altre casse previdenziali, e nella tabella sono stati riportati per completezza di confronto”.
Il secondo punto è strettamente legato all’adozione del sistema contributivo per tutti i lavoratori, che necessariamente porta al continuo adeguamento dell’età pensionabile rispetto alle aspettative di vita della popolazione. In questo caso si parla di tre mesi, anche se la vita media è aumentata di circa cinque, ma tutto lascia pensare che nel prossimo futuro ci saranno altri spostamenti in avanti:
“Un dipendente potrà staccare a 66 anni e tre mesi per avere la pensione di vecchiaia (rispetto ai 66 sufficienti sino al 31 dicembre prossimo) e una lavoratrice dipendente a 62 anni e tre mesi (le autonome addirittura a 63 anni e 9 mesi). Per quella di anzianità, invece, ci vorranno 42 anni e cinque mesi, contro gli attuali requisiti di 42 anni e un mese per gli uomini (un anno in meno per le donne). Sino al 31 dicembre 2015, per le donne rimarrà la possibilità di andare in pensione con 57-58 anni di età (rispettivamente per dipendenti e autonome) e 35 di contributi: in questo caso, però, il vitalizio sarà calcolato tutto con il contributivo”.