Lavoro, i comportamenti che causano il licenziamento

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La riforma del lavoro, almeno secondo le voci più critiche, renderà più semplice per l’azienda licenziare. Il riferimento è ai licenziamenti economici, quelli con oggettiva motivazione, ma per essere mandati a casa non è necessario che l’azienda sia in crisi. Molte volte è proprio il comportamento sul posto di lavoro a causare attriti e malcontento, che possono sfociare nella famosa lettera di addio. Vediamo quali sono le ragioni più comuni per cui si può essere licenziati.

1) Essere poco produttivi: a volte non sono le richieste del datore di lavoro ad essere esagerate, quanto piuttosto il metodo del lavoratore ad essere sbagliato. Molte persone lavorano male, con la conseguenza che impiegano il doppio del tempo per portare a termine un compito. Le cause di questa scarsa efficienza sono molte: può essere la scarsa capacità nel focalizzare gli obiettivi, la carenza di concentrazione, il portare i propri problemi personali in ufficio.

2) Rapporto non costruttivo con i colleghi: convivere con i colleghi non sempre è facile, perché prima o poi avviene sempre il classico scontro di personalità che rischia di rovinare non solo il singolo progetto ma anche il clima generale del posto di lavoro. Comportamenti che influiscono negativamente sul rapporto con i colleghi possono essere: la tendenza a fare intrighi con alcuni, parlando male di altri alle spalle; prestare poca attenzione alle opinioni dei colleghi, volendo imporre la propria a tutti i costi; lasciarsi andare a pettegolezzi, vero e proprio sport soprattutto negli uffici più popolosi.

3) Mentire al proprio capo: mentire è forse il comportamento più rischioso che si possa avere su un posto di lavoro, sia che la bugia venga rivolta verso i colleghi di pari grado sia, a maggior ragione, se si mente al proprio capo. Ricordarsi che le bugie hanno le gambe corte, soprattutto quando coinvolgono progetti comuni o qualifiche vantate ma non possedute (è il caso ad esempio di chi mente sul proprio curriculum in sede di colloquio). Essere sinceri con se stessi e gli altri è un buon antidoto contro le tensioni e il possibile licenziamento.

4) Arroganza del non ascoltare: abbiamo già detto che prestare scarsa attenzione può diventare fatale, ma esiste anche un caso peggiore, ovvero quello in cui si ascolta e si decide deliberatamente di non seguire le istruzioni dei propri superiori o i consigli di chi ne sa più di noi. L’arroganza del pretendere di sapere tutto e di non aver bisogno di consigli (o strigliate) provoca un aumento vertiginoso della tensione, soprattutto quando non si riesce poi a giustificare la propria scelta se non con un banale “pensavo fosse meglio così”.

5) Attenzione ai social network: le statistiche dimostrano che i social network stanno diventando un fattore sempre più importante nelle cause di licenziamento. Il rischio è alto, non solo per chi usa in maniera intensiva Facebook e soci per scopi privati durante le ore lavorative. L’atteggiamento più pericoloso è quello di lasciarsi andare a commenti poco gradevoli su colleghi e capi, pensando che tanto non lo verranno mai a sapere. Il che, nell’epoca della connessione globale e continua, è una ingenuità non più consentita.