Il mercato del lavoro in tempo di crisi non ha solo riscritto la geografia professionale, ma ha anche stabilito nuove prassi e abitudini per i lavoratori. C’era un tempo in cui, ai primi accenni di febbre, si richiedeva una giornata di permesso per malattia, ma era un tempo lontano perché il dipendente del terzo millennio non può permettersi assenza. Ecco quindi che oggi si va in ufficio anche malati, presenzialisti senza limiti ma con evidenti ripercussioni sul lavoro e la salute.
Siamo chiari, questa spinta alla presenza forzata in ufficio non nasce certo da un’esigenza del lavoratore stesso, che con la febbre a 40 farebbe volentieri a meno di alzarsi dal letto. Sono piuttosto le regole aziendali non scritte che, in un periodo di crisi economica, prevedono l’abnegazione totale senza se e senza ma. Da un lato agisce la necessità di produrre fatturato, dall’altro la paura di perdere il posto di lavoro. La conferma arriva da un report del Chartered Institute of Personnel and Development, che riguarda la Gran Bretagna ma può essere proiettato anche sull’Italia.
Secondo l’indagine, nell’ultimo anno si è registrata una flessione dei permessi per malattia in tutti i settori professionali: un terzo dei 670 datori di lavoro interpellati ha ammesso di aver riscontrato una netta diminuzione dei giorni di assenza degli impiegati, passati da 7,7 a 6,8 nel settore pubblico e da 6,5 a 5,8 in quello privato. Viene da chiedersi quali siano le conseguenze di questo stakanovismo forzato. A margine del report, gli esperti evidenziano il rischio di ansia perenne, con effetti negativi sulla produttività. Insomma, lo sappiamo tutti che lavorare di più non sempre significa lavorare meglio.
La dottoressa Jill Miller del CIPD, interpellata dal Daily Mail, conferma il senso comune: “Andare al lavoro malati non solo è rischioso per gli altri colleghi ma rende anche meno efficienti, con il rischio di commettere errori gravi, e oltretutto fa pure allungare i tempi di recupero”. Alla malattia si aggiunge lo stress di non poter mai staccare, principale causa dei crolli psicofisici in azienda. Il presenzialismo malato si sta trasformando però in uno stile di vita, molto pericoloso, cone confermato da Stephen Bevan di Work Foundation: “In molte aziende addirittura il 45% dello staff non sta mai a casa dal lavoro. Ma se fino a qualche tempo fa questo era considerato un segnale di attaccamento al lavoro, adesso è invece la conferma di quanto la gente tema di perdere il proprio posto rimanendo a casa in malattia”.