Crisi, ritorno ai mestieri più umili di un tempo

cantiere edile

Esiste una verità non scritta ma assodata nell’affollato mondo del lavoro nostrano: gli italiani sono diventati troppo snob per praticare quei mestieri che hanno portato avanti il Paese per decenni ma che poi sono stati inseriti nella categoria dell’umile. Bene, questo dato di fatto sta cambiando, tutto merito della crisi economica.

Se i lavori di un tempo considerati più umili negli anni sono diventati “roba” per immigrati, magari a causa dei turni di lavoro massacranti o perché prevedevano la necessità di allontanarsi dalla scrivania e sporcarsi le mani, oggi quegli stessi italiani snob stanno riscoprendo la necessità dei mestieri. Solo che il mercato anche lì pare saturo.

A confermare questo trend è l’Istat, che fotografa una situazione del lavoro tutt’altro che rose. Gli italiani non sanno più come sbarcare il lunario, e allora all’improvviso la prospettiva di fare il muratore non appare più così frustrante e umiliante. Lo scopo ultimo non sembra più essere l’appagamento professionale, ma il cibo in tavola la sera.

Le cifre degli “umili di ritorno” sono talmente alte da preoccupare i sindacati, anche perché non si tratta certo di una ritrovata umiltà del lavoratore nostrano, ma di una conseguenza della situazione economica del Paese, che lascia sempre meno possibilità ai giovani che devono fare il loro ingresso nel mondo del lavoro e anche a tutti coloro che un lavoro ce l’avevano già e l’hanno perso.

Magazziniere, autotrasportatore, persino stalliere sono mestieri sempre più gettonati. Il problema in questo caso è che si tratta di lavori perlopiù stagionali, che quindi hanno una disponibilità di posti molto ridotta. Poi non è neanche pensabile che lavori svolti fino ad oggi da immigrati (negli aeroporti il 40% dei magazzinieri è straniero) diventino come per magia prerogativa e diritto degli italiani.

Stessa cosa per esempio negli ospedali: fino a qualche anno fa l’infermiere era considerato il più umile dei mestieri ospedalieri, tanto che i corsi di specializzazione faticavano a riempire le aule. Oggi invece il trend è capovolto e ci sono più domande che posti disponibili. Il rischio serio è quello della de-specializzazione: le persone studiano e si specializzano e poi non lavorano per quello che le loro competenze permetterebbero. Ovvero l’abbassamento generale delle conoscenze professionali. Unico rimedio per ora la fuga all’estero.

Foto da Roby Ferrari