Tra le tante riforme che il governo Monti ha messo in cantiere non possiamo non citare quella che riguarda il catasto. Dal varo della delega fiscale si comprende la volontà di formulare nuove regole per garantire una maggiore equità nel calcolo della rendita catastale, che dovrà essere quindi più vicina ai valori di mercato effettivi dell’immobile. In questo senso va interpretato il passaggio dal calcolo in base ai vani a quello sulla superficie in metri quadri, e l’utilizzo di criteri più moderni come la localizzazione dell’immobile e la sua qualità effettiva. Da questo percorso nasceranno modifiche sostanziali nel calcolo della rendita catastale, base per arrivare poi al pagamento della tanto annunciata nuova tassa sugli immobili IMU.
Come detto, quindi, per riuscire a capire quanto effettivamente bisognerà pagare nelle tre rate dell’imposta municipale unica, bisogna partire necessariamente dalla rendita catastale. Detto che le riforme messe in atto dal governo Monti non entreranno in vigore in tempi stretti per la necessità di stabilire i criteri e i valori effettivi, vediamo allo stato attuale della norma come si fa a calcolare la rendita. Le novità rispetto alla vecchia ICI anche così non mancano, a partire dal procedimento di rivalutazione catastale.
La rivalutazione degli immobili, uno dei punti caldi dei primi mesi del governo Monti, è previsto dal decreto legge 201/2011 convertito poi dalla legge 214/2011. Per comprendere di cosa si tratta facciamo un passo indietro: la rendita catastale di un immobile si può verificare nell’atto di compravendita dell’immobile (qualora questo sia specificato), attraverso gli uffici del Catasto oppure, molto più comodo e veloce, attraverso una ricerca sul sito dell’Agenzia del territorio, inserendo codice fiscale ed estremi degli identificativi catastali.
Il dato indicato in questi documenti, secondo le nuove norme, non è però che il dato di partenza del calcolo, cui va applicata la citata rivalutazione catastale. Questo significa che la rendita catastale va rivalutata per un importo pari a 5 punti percentuali: all’atto pratico si moltiplica quindi il valore di partenza per il coefficiente 1,05. Non è comunque finita qui, perché questo è solo il dato di partenza per il calcolo dell’IMU.
Tipologie di immobile e rivalutazione
Effettuata la prima rivalutazione, bisognerà effettuare un secondo passaggio prima di avere tutte le informazioni necessarie al calcolo dell’imposta municipale unica. Si tratta a tutti gli effetti di una seconda rivalutazione, inserita in una delle ultime modifiche al testo di riforma che ha introdotto l’IMU: questa volta però la rivalutazione andrà effettuata in base alla diversa tipologia di immobile. Questo significa che il coefficiente di calcolo varia in base alla destinazione dell’edificio.
In realtà, pur introducendo una differenziazione importante, non cambia poi molto per la maggior parte degli immobili, dalle abitazioni private ai magazzini, che ricadranno nella categoria con coefficiente di calcolo standard stabilito a 160. I coefficienti diversi andranno invece attribuiti solo alle seguenti categorie di immobili: i laboratori artigiani, i fabbricati per esercizio sportivo senza fine di lucro, gli stabilimenti balneari e curativi senza fini di lucro (coefficiente 140), gli uffici e studi privati (coefficiente è 85), botteghe e negozi (coefficiente 55), teatri, grandi strutture sportive, banche, ospedali, alberghi, case di cura private, fabbricati agricoli (coefficiente 40).
Aliquote e calcolo IMU
Una volta che abbiamo effettuato la seconda rivalutazione e quindi stabilito la categoria dell’immobile, siamo pronti per il calcolo dell’imposta municipale. L’ultimo passaggio è l’applicazione delle aliquote, altra grande novità del governo Monti, che ha voluto rivedere l’impianto generale suscitando molte polemiche tra chi ritiene che l’IMU si trasformerà in un salasso per i contribuenti. Le aliquote da considerare nel calcolo IMU sono due, quella statale e quella comunale.
Per quanto riguarda la prima, l’esecutivo ha previsto un’aliquota ordinaria pari a 0,76 punti percentuali, da ridurre a 0,40 per la prima casa. Il vero dubbio al momento riguarda invece i Comuni, che entro settembre 2012 avranno facoltà di aumentare o diminuire l’aliquota standard spettante di 0,3 punti percentuali (0,2 per la prima casa). Ultimo passaggio vero e proprio nel calcolo è l’applicazione delle detrazioni, unica ancora di salvezza per i contribuenti. Il governo ha stabilito infatti una detrazione fissa di 200 euro per la prima casa, cui si aggiunge una eventuale ulteriore detrazione di 50 euro per ogni figlio di età non superiore ai 26 anni che viva nella stessa abitazione.