14 domande illegali che non possono farti a un colloquio di lavoro

Non tutto è lecito a un colloquio di lavoro. Anzi. Ci sono 14 domande illegali che non possono farti, a cui non sei tenuto a rispondere. L’esaminatore, però, nel tentativo di scandagliare il più possibile nella tua vita privata, potrebbe uscire dal recinto di ciò che può domandare. Se davanti ci troviamo un professionista, difficilmente ciò accadrà. Ma spesso, al primo colloquio di lavoro, capita di interfacciarsi con persone che hanno altri ruoli nell’azienda e che magari neanche sanno che alcune cose non si possono e non si devono chiedere perché vanno a violare il Codice delle pari opportunità o lo Statuto dei lavoratori. Vediamo a quali domande si può rispondere in modo gentile: “Mi scusi, ma non è appropriata per il ruolo che dovrò svolgere”.

Ha mai sofferto di attacchi di panico?

Le domande sulla salute personale sono vietate dal decreto legislativo 276 del 2003. Quindi, anche chiedere se si prende qualche farmaco o se si ha qualche disabilità non è legale. A meno che non si faccia parte delle categorie protette ma, in questo caso, c’è scritto sul curriculum vitae. Se il recruiter ti chiede se soffri di depressione, siamo al punto di partenza: è un qualcosa che riguarda la propria salute, dunque anche per una questione di privacy non esige risposta.
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E’ iscritto a un sindacato?

Questa domanda viola lo Statuto dei Lavoratori, che esiste dal 1970. Più esattamente dall’articolo 8, che recita: “E’ fatto divieto, al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione e nel corso del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore”. Il datore di lavoro, infatti, “può assumere solo quelle informazioni che siano rilevanti a valutare la capacità del candidato a svolgere non una generica mansione, ma quella per la quale verrebbe successivamente concluso il contratto di lavoro. E ciò anche qualora ci fosse il consenso espresso del candidato”.
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La sua religione che feste ha?

Che può essere declinata anche così: “Lei è religioso?”. Torniamo all’articolo 8 dello Statuto dei Lavoratori che abbiamo appena citato. Il datore di lavoro o l’esaminatore possono volerlo sapere per trarre dei vantaggi personali, ma tu non sei tenuto a rispondere.

Che lavoro fanno i suoi genitori?

No, non si può chiedere. Facciamo riferimento all’articolo 27 del decreto legislativo 198 del 2006: “E’ vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale”. Lo stesso articolo si applica all’indagine sull’occupazione dei tuoi genitori.
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Vuole avere figli?

Domanda naturalmente molto personale, che entra di prepotenza nella vita privata del candidato. “Vuole avere figli?” è equiparato a “Ha figli?”. Il Codice sulle pari opportunità vieta domande sullo stato di maternità o di paternità, anche su quella adottiva. Più di uno, però, cerca di indagare, in particolare se il candidato è donna. Per l’azienda, infatti, l’eventuale maternità presente o futura può essere un peso (economico e non solo).

E’ fidanzato/a o sposato/a?

E’ una delle domande illegali fatte più spesso. Anche in questo caso, è la donna quella che viene tempestata più volte con questo interrogativo. Si tratta di una domanda discriminatoria, secondo l’articolo 27 del decreto legislativo 198 del 2006. Non solo: si tratta di una domanda assolutamente indiscreta che nulla toglie o aggiunge all’eventuale assunzione in azienda. Ma perché viene fatta? Se sei una donna, sappi che l’esaminatore vuole sapere se potrai avere una gravidanza oppure no, quanto tempo potrai dedicare al lavoro, in particolare se sono previsti spostamenti frequenti.

Chi l’aiuta con i figli?

Se sei stato incauto e hai risposto alla domanda sui figli, adesso ti può venire chiesto se c’è qualcuno che può aiutarti con loro. Ma ci si può appellare all’articolo 27 del Codice delle pari opportunità. Anche se sarebbe stato meglio farlo prima, al momento della domanda se si hanno figli.

Come mai cambia lavoro, aveva problemi con il suo precedente datore?

La prima parte della domanda vuole nascondere il reale obiettivo: capire se il candidato è tranquillo o crea problemi. Ma a salvarti c’è l’articolo 10 del decreto legislativo 276 del 2003: “Le agenzie per il lavoro e gli soggetti pubblici e privati che svolgono compiti di preselezione non possono fare osservazioni neanche su… eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro, a meno che non si tratti di caratteristiche che incidono sulle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa o che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa”.

Intende sposarsi?

E’ una domanda che somiglia a quella in cui il recruiter ti chiede se sei fidanzato o sposato. Domanda personale, ma anche discriminatoria. Dunque, vietata.

Cosa ne pensa del partito X?

Come abbiamo visto sopra, l’articolo 8 dello Statuto dei Lavoratori vieta al datore di lavoro di fare discriminazioni religiose e politiche. Ma anche di effettuare indagini (come in questo caso) sugli stessi settori. Dunque, non sei tenuto a rispondere a quesiti che riguardino la tua posizione politica su un argomento o il tuo eventuale schierarti a destra piuttosto che a sinistra.

Ha debiti?

Questa domanda non ha niente a che vedere con il lavoro, è profondamente discriminatoria e quindi non necessita di una risposta da parte dell’esaminato.

Beve alcol?

A meno che non si tratti di un lavoro che prevede la guida frequente, è una domanda che va a toccare la sfera personale. Puoi sviare oppure rifiutarti di rispondere.

Quando è stata l’ultima volta che hai assunto droghe illegali?

Questa domanda è parente di quella precedente. Inutile, inopportuna, discriminatoria. Quindi, l’unica cosa da fare è non rispondere.

Da quanto tempo lavora?

Non è discriminatoria, ma potrebbe diventarlo se serve al datore di lavoro per sapere la tua età che, per inciso, non andrebbe scritta neanche nel curriculum vitae in quanto discriminatoria. Quindi, in un colloquio di lavoro, questo quesito non andrebbe posto. Si può però chiedere quanto tempo o per quanto tempo si è lavorato in una determinata azienda.