Cinema di costume: registi tra le onde, intervista a Teodosio Di Genio che ci racconta il suo libro

Teodosio Di Genio ha pubblicato per un’etichetta indipendente il libro “Cinema di costume: registi tra le onde” che ci offre un racconto molto interessante di una parte del cinema da lui seguita e di cui si è innamorato.

Abbiamo avuto l’opportunità, e il piacere, di parlare con questo autore che ci ha chiarito alcuni passi molto interessanti della sua opera.

Come nasce l’idea di “Cinema di costume: registi tra le onde”?
Buonasera QNM, il libro nasce seguendo praticamente un motto di spirito. Il titolo scherza sul concetto di “costume” poiché si può dire che la maggior parte dei titoli trattati sono film girati nei pressi del mare o delle piscine. Però le tematiche con cui sono accoppiati i vari registi sono poi tante altre: oltre ai film, ad esempio, si parla anche di integrazione, c’è uno sguardo sul female gaze e sulle adolescenze difficili, così come c’è spazio per quel cinema dove si vivono le vacanze da “influencer” e seguendo il mito americano. E’ uno storytelling che tocca vari aspetti sociali che volevo emergessero mantenendo, però, una certa spensieratezza e una certa salsedine tra le dita.

Si tratta del tuo primo libro, come nasce la passione per il cinema?
La passione si è rafforzata nell’adolescenza. Io vivo su un’isola (Ischia) dove abbiamo soltanto due sale cinematografiche e quando ero ragazzo un giorno entrai per caso in un negozio di elettronica e rimasi stupito dal fatto che si noleggiassero anche i dvd e i vhs. Ricordo che scelsi Donnie Darko e quando partì la scena dei corridoi con il sottofondo di Head Over Heels dei Tears for Fears mi è scattato qualcosa. Dall’indomani divenni cliente fisso di quella piccola bottega. Credo sia nato tutto da lì.

Parlaci del libro consigliandoci qualche film prima della sua lettura
Se devo sceglierne meno di dieci, probabilmente i capisaldi da consigliare sono L’Atalante di Jean Vigo, Le spiagge di Agnès di Agnès Varda, Mektoub My Love Canto Uno di Abdellatif Kechiche, Un Ragazzo Tre Ragazze di Eric Rohmer, Stromboli Terra di Dio di Roberto Rossellini, Caro Diario di Nanni Moretti e Point Break di Kathryn Bigelow. Però uno che si conosce poco e che consiglio assolutamente è Naissance des Pieuvres di Céline Sciamma.

Cosa accomuna i film di cui parli all’interno del libro?
Sicuramente sono film un po’ lontani da Hollywood (eccetto per Point Break) e che rappresentano l’autorialità e la personalità dei registi. Per me non è forzato pensare che Jean Vigo sia un regista “d’acqua”. Ha girato quattro film ed è riuscito a parlare di un nuotatore, di una storia d’amore su un battello e di un documentario su una città di mare. Ma non è così distante da Nanni Moretti che, nella sua filmografia, si è ritrovato a giocare a pallanuoto, a vivere le vacanze alle Eolie e a perdere tragicamente un figlio durante un’immersione. E’ un libro che è scritto nei dettagli e nei piccoli collegamenti. Agnès Varda veniva dal Belgio e ha “inventato” la Nouvelle Vague girando La Pointe Courte in una piccola cittadina di mare. Cinquant’anni dopo Kechiche, anche lui venendo dall’estero, ha scelto la stessa città per ambientarvi dei film meravigliosi. Ho intravisto dell’inconscio collettivo in tutto questo, e ho provato a dare voce ai tanti punti in comune.

Stai pensando di scrivere qualcosa di nuovo? Stai lavorando a un nuovo libro?
Sì, ho voglia di cimentarmi su un singolo regista e farne una monografia approfondita. Parlerò del body horror e quindi in questi giorni sto vedendo di tutto, dai film di Brian Yuzna a Jennifer’s Body, al cinema di Takashi Miike, perché è così che ho composto l’altro. Ho visto tanti film, ho preso tanti appunti e mi auguro che leggerlo possa essere un’esperienza piacevole. Grazie mille