É ancora in evoluzione la drammatica vicenda avvenuto sulle coste davanti alla Calabria, il bilancio parla di 63 morti
Di fronte alle immagini e alle foto scattate sulla spiaggia di Cutro non ci sono davvero parole. Scatti agghiaccianti che affiancano da una parte la disperazione di chi è salvo. Ma ha perso moglie e figli. Dall’altra il sollievo di chi in qualche modo ha toccato terra. Vivo per miracolo.

Il primo bilancio non ancora confermato parla di 63 vittime, corpi già recuperati e ricomposti dagli uomini della protezione civile e dai sommozzatori dei vigili del fuoco. Tra questi 21 sono le donne, 15 i giovanissimi, alcuni dei quali bambini. Ma stando alle testimonianze dei sopravvissuti, di chi sta ancora cercando i propri familiari i dispersi sarebbero almeno un centinaio. E il bilancio è inevitabilmente destinato a farsi ancora più drammatico.
La strage dei migranti in Calabria
I soccorsi sono proseguiti per tutta la notte. Altre persone sono state recuperate, messe in sicurezza e portati al CARA di Capo Rizzuto, affidati ai volontari e ai medici delle ONG. Coperte, cibo caldo, calore umano: molte le persone che si sono spontaneamente avvicinate al rifugio anche solo per portare un abbraccio, un saluto, dei fiori. Commovente il pensiero di alcuni bambini che hanno portato i loro giocattoli, ricevuti a Natale.

Il naufragio
Nel frattempo le indagini della Procura di Crotone proseguono. Su come il barcone sia partito da Smirne, in Turchia, con il suo immenso carico di disperazione umana. Di quanto ognuno dei passeggeri abbia pagato una cifra immensa per la loro modestissima economia, 8mila euro a testa. Bimbi inclusi.
I sopravvissuti sono stati tutti interrogati nel tentativo di individuare gli scafisti, alcuni dei quali hanno cercato di mischiarsi ai naufraghi. Quattro le persone individuale, tre subito dopo il naufragio, un quarto ieri sera tardi. Sono tutti in stato di arresto.
Oggi l’allestimento della camera ardente che riunirà tutte le vittime presso il palasport di Crotone.

Uno schianto, il buio e il gelo
Stando ad alcune testimonianze molte vittime sarebbero state letteralmente gettate in acqua quando il barcone, dopo un’esplosione al motore, ha cominciato a imbarcare acqua. Il timore degli scafisti, che avevano intuito di essere stati intercettati dalla Guardia Costiera, era di non arrivare in tempo a riva.
Mare molto forte, onde forza sei, acqua gelida. Poi il barcone, sballottato dai cavalloni, si è schiantato contro un banco di sabbia andando in pezzi. E per molti non c’è stato nulla da fare.
Molti dei profughi arrivano dall’Afghanistan, sono perseguitati politici. Ma altre famiglie erano scappate dalla Siria, dopo il terremoto.
I feriti sono una trentina. Fratture, ferite da taglio contro le strutture del barcone, un paio di persone sono rimaste ustionate da getti di olio bollente schizzato fuori dal motore che andava in pezzi. Tanti i casi di ipotermia.