La tratta di esseri umani non è un fenomeno d’altri tempi, purtroppo. Siamo abituati a pensare che questo mercato clandestino si nutra soprattutto di ragazze destinate alla prostituzione, ma non è così. Lo dimostrano le cosiddette ‘spose a basso prezzo‘ provenienti dalla Siria. Si tratta di ragazze, spesso ancora bambine, vendute dalle famiglie a ricchi arabi in cambio di poche migliaia di euro. Una situazione alimentata dalle disperate condizioni nei campi profughi di un Paese in piena crisi.
Lo scenario è stato analizzato dal Corriere della Sera in un articolo che cerca di andare alle radici di questo mercato fiorente e in veloce crescita. Tanto che, per evitare ai ricchi dei Paesi del Golfo inutili perdite di tempo alla ricerca della moglie perfetta, persino i tassisti delle grandi città si sono attrezzati, aspettando i clienti direttamente all’aeroporto davanti agli hotel a cinque stelle. Il motivo di tanto interesse nei confronti delle ragazzine siriane è presto detto: costano poco! Bambine di 15 o 16 anni possono essere cedute dalle famiglie per cifre si aggirano tra i mille e i 2mila euro. Un vero affare visto che “una notte in compagnia di prostitute ucraine in un albergo a Dubai può costare anche il doppio“.
Non solo fattori economici, comunque, perché “le donne siriane piacciono nel mondo arabo. Sono chiare di pelle in un parte del globo dove il sole abbronza e invecchia troppo in fretta, alte, gli occhi grandi”, come confermano gli attivisti locali per la difesa dei diritti umani. Il trend in crescita di questo mercato non deve stupire e si spiega con la condizione in cui si trova un popolazione stremata dalla guerra civile e da una condizione economica disastrosa. Ad oggi, secondo i dati ONU, in Siria gli sfollati sfiorerebbero i 5 milioni.
Chi può cerca di lasciare il Paese e riparare in uno degli Stati confinanti, soprattutto Turchia, Iraq, Libano e Giordania. Proprio in Giordania molte trovano il loro destino di spose: “Il Washington Post segnalava in un recente reportage dal campo profughi di Zaatari che sarebbero le stesse organizzazioni umanitarie locali a favorirlo. «Questo non è sfruttamento. Questa è generosità», dichiara Ziyad Hamad, la cui associazione caritativa, Kitab al-Sunna, si prodiga in aiuti tra tende e baracche di fortuna. Pare che alle famiglie che oppongono resistenza alla prospettiva di cedere le figlie a perfetti sconosciuti, vengano offerti sino a 4.500 euro, una fortuna per chi non ha più neppure gli spiccioli per il pane“.
Ovviemente, visto che siamo nel terzo millennio, in aiuto dei ricconi arabi in cerca di moglie arriva anche Internet, con siti arabi specializzati ricchi di offerte e dettagli sulle potenziali spose. Non tutti, però, accettano di buon grado questa tratta di esseri umani: “C’è anche chi si oppone. «Solo perché abbiamo perso le nostre case questi pensano che possano prendersi le nostre donne. Ma si sbagliano di grosso», dice combattivo Ibrahim Naimi, 42 anni, proprietario di un piccolo caffè nella città di tende. Ancora più decisi a contrastare il fenomeno sono i profughi in Turchia. «Qui non siamo come in Giordania. I campi profughi sono sorvegliati dalla polizia turca e da nostre sentinelle locali. I papponi non possono entrare. Guai a loro!», dice al Corriere , Nahel Gadri, attivista rivoluzionario di Eriha sfollato nella città turca di Latakia“.