Dalle carte dell’inchiesta sulla gestione del Covid esce di tutto: il grande accusatore è il microbiologo Crisanti: ecco che cosa ha detto
I messaggi ironici e preoccupati dell’allora Ministro Speranza a Brusaferro sulle mascherine. Le accuse di Crisanti. Dai verbali dell’inchiesta sulla gestione del Covid in Italia, emergono fatti nuovi e, per certi versi, clamorosi. Da una parte la conferma della totale impreparazione del nostro Governo e del mondo sanitario; dall’altra alcune sottovalutazioni che sono risultate decisive.

E’ Crisanti, microbiologo e ora senatore del Pd, a ricoprire la figura del grande accusatore. Dalla relazione emerge che il “28 febbraio 2020” fu il giorno cruciale in cui l’Italia si consegnò alla pandemia perché, malgrado ci fossero già tutti i dati a disposizione di uno “scenario” di “gran lunga peggiore di quello ritenuto catastrofico”, invece che puntare sulle zone rosse, come quella da applicare subito in Val Seriana, il Comitato tecnico scientifico si affidò a “misure proporzionali”, per non dire blande, per combattere un “virus che si propagava esponenzialmente”. La relazione di Crisanti è di 83 pagine ed emergono omissioni, inefficienze e ritardi.
Una serie di accuse che chiama in causa le “responsabilità degli organi decisionali nazionali (Cts, ministero della Sanità e Presidenza del Consiglio) e di Regione Lombardia”, le cui figure chiave sono finite indagate nell’indagine da poco chiusa. Una maxi consulenza, con schemi e calcoli matematici (tra cui la cifra di oltre 4mila morti che si sarebbero potute evitare), che racconta anche che “per 16 anni”, dal 2004 al 2020, non fu mai “intrapresa una singola attività o progetto che avesse l’obiettivo di valutare lo stato di attuazione del Piano Pandemico Nazionale” o di “verificare lo stato di preparazione dell’Italia” al “rischio pandemico”. Un piano c’era, datato 2006 ma comunque “un manuale di istruzione”, secondo Crisanti.
Non fu applicato. Venne “scartato” a priori”, anche perché l’allora ministro Roberto Speranza disse che non era “costruito specificamente su un coronavirus ma su un virus influenzale”. Mentre Silvio Brusaferro, direttore dell’Iss, ai pm ha riferito di averlo letto “per la prima volta” nel “maggio 2020”. E tutti, sempre a detta del professore, erano “consapevoli del fatto che” doveva “essere aggiornato almeno dal 2017”. Speranza e Conte che, però, “raccontano alla Procura di Bergamo di essere venuti a conoscenza del caso” della Val Seriana “rispettivamente” solo il 4 e il 5 marzo.
Le carte dell’inchiesta

Secondo le carte dell’inchiesta, già dal 12 febbraio, otto giorni prima di Paziente 1, la task force del ministero e il Cts erano “consapevoli della difficoltà di reperire Dpi” e conoscevano “la situazione di vulnerabilità”. Sempre quel giorno Merler in una riunione al Ministero aveva già messo tutti in guardia sul virus “devastante” che poteva essere bloccato solo con le zone rosse. Non si facevano, però, tamponi agli “asintomatici”, mentre il virus già circolava all’ospedale di Alzano dal 4 febbraio. Ci si è Ritrovò così, chiosa l’attuale senatore, “a balia all’improvvisazione”.
Tra le carte dell’inchiesta si legge anche di una chiacchierata tra Speranza e Brusaferro. “Sono terrorizzato da questa cosa delle mascherine”, scrive il ministro della Salute Roberto Speranza al presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, commentando una foto di una mascherina estremamente semplice nella struttura: un rettangolo di tessuto con dei tagli dove infilare Le orecchie, ribattezzate ironicamente “mascherine swiffer”.