Figli dei ministri, ecco i loro lavori poco choosy

Elsa Fornero choosy

Come prevedibile, ha scatenato un putiferio la frase infelice del ministro Elsa Fornero sui giovani che, usciti dall’università, sarebbero troppo ‘choosy‘ (ovvero schizzinosi) nella ricerca del lavoro. Subito utenti della rete e giornalisti si sono messi alla ricerca dei lavori poco choosy dei figli dei ministri dell’attuale governo, che pare sempre più un ricettacolo di luoghi comuni dove si parla bene e razzola male. I pargoli del potere politico saranno stati schizzinosi nella scelta del loro impiego? Provate a indovinare.

E’ stato Il Giornale a rimarcare la differenza tra i giovani per così dire normali e quelli che vengono dalle famiglie privilegiate. Certo, questi ragazzi avranno i loro meriti, ma l’abbondanza di posizioni di rilievo in aziende importanti qualche dubbio lo fa venire, soprattutto alla luce di quel dato Eurostat secondo cui in Italia il 78% dei posti di lavoro vengono piazzati attraverso una “segnalazione”.

Nella nostra disamina non possiamo non partire dai pargoletti di Elsa Fornero: Silvia, che “ha una cattedra all’Università di Torino (dove madre e padre sono professori ordinari), e lavora in una fondazione finanziata da Intesa (dove la madre era nel consiglio di Sorveglianza). L’altro figlio, Andrea Deaglio, invece, è uno stimato regista e produttore di film socialmente impegnati (emarginazione, minoranze etniche). Chissà cosa pensa dei choosy“.

Proseguendo, troviamo altri esempi di figli poco choosy: “Al di là dei loro sicuri meriti, non deve aver fatto la schizzinosa Maria Maddalena Gnudi quando il padre, il ministro Gnudi (ex presidente Enel, quota Udc) le ha proposto di diventare socio del prestigioso Studio Gnudi (commercialisti in quel di Bologna), il suo. Approdo sicuro anche per Eleonora Di Benedetto, avvocato 35enne, assunta da uno dei più importanti studi legali di Roma, lo studio Severino, quello della madre Paola, ministro della Giustizia“.

Poteva mancare il figlio d’arte Luigi Passera all’appello? Certo che no, e infatti il figlio del ministro Passera “dopo la laurea in Bocconi (come il padre) si è occupato di marketing per la Piaggio, società di Colaninno, partner dell’ex ad di Intesa nella cordata di salvataggio Alitalia. Ora Passera jr ha un impiego di tutto rispetto presso la multinazionale Procter & Gamble. Dopo aver lavorato a Londra per Citigroup e Morgan Stanley, il figlio del premier era stato chiamato alla Parmalat da Enrico Bondi (a sua volta poi chiamato da Monti padre come commissario straordinario per la spending review)“.

Vogliamo parlare poi di Giorgio Peluso, figlio del ministro Cancellieri? Parliamone: “Già assunto trentenne come direttore di Unicredit, poi direttore generale di Fondiaria Sai a 500mila euro l’anno, l’ha in questi giorni lasciata con una buonuscita di 3,6 milioni, scoperta dal Fatto. Ma non è rimasto a spasso: assunto da Telecom Italia come Chief Financial Officer“. Del figlio di Mario Monti, invece, si sono perse le tracce da quando lavorava a Londra per Citigroup e Morgan Stanley, richiamato poi alla Parmalat da Enrico Bondi, futuro commissario straordinario per la spending review. Certo, tutti questi ragazzi potrebbero essere dei geni, ma secondo voi quanto saranno stati choosy nelle loro scelte professionali?