In esclusiva a Qnm.it, nel giorno del suo 75esimo compleanno, Sven Goran Eriksson apre l’album dei ricordi. Dal dramma di Mihajlovic, al consiglio per Simone Inzaghi
Prima di Sacchi, Zeman, Sarri e dei tecnici di oggi che amano il calcio propositivo e spettacolare, c’era Sven Goran Eriksson. Il “rettore di Thorsby” arrivò in Italia giovanissimo e iniziò a dare spettacolo con un gioco divertente e fruttuoso. Con la Roma perse uno scudetto in extremis (beffato dal Lecce già retrocesso nella gara decisiva), poi la finale di Coppa dei Campioni persa con il Benfica, gli “regalarono” il soprannome di “perdente di successo”. Ma con i tre anni e mezzo passati alla Lazio spazzò via ogni tipo di scetticismo nei suoi confronti, vincendo uno scudetto, una Supercoppa europea, una Coppa delle Coppe e numerosi coppe nazionali. Oggi, Sven Goran Eriksson compie 75 anni e in esclusiva ai microfoni di Qnm.it svela: “Mi diverto ancora come il primo giorno, anche ora che ho lasciato la panchina e sono diventato direttore sportivo”.

Eriksson ha lasciato il campo e si è seduto dietro una scrivania. Da circa un anno è il responsabile tecnico del Karlstad BK, una squadra svedese che milita nelle serie inferiori. E’ tornato a casa dopo una carriera che gli ha permesso di girare il mondo: Portogallo, Italia, la nazionale inglese, quella messicana, la Costa D’Avorio, le Filippine, i tanti club in Inghilterra, in Cina. “Il calcio mi piace tantissimo e credo di poter dare ancora tanto. Oggi seguo davanti alla tv le partite dei principali campionati: la serie A, la Premier, la Liga. Oggi è facile rimanere aggiornati e seguire tutto”.
Tra le squadre che continua a seguire c’è la Lazio. Il club con il quale ha vinto tutto. “Quasi tutto: potevamo vincere la Champions League con la squadra che avevamo. Ma non piango su ciò che non ho ottenuto, mi piace pensare di aver vinto uno scudetto emozionante”. La Lazio di oggi gli piace. “Se ci sono giocatori che avrebbero potuto giocare nella mia squadra? Certo. Sicuramente Immobile. Un attaccante incredibile che segna valanghe di gol. Poi Milinkovic Savic, un centrocampista completo. Ma non è il solo. A centrocampo ci sono tanti giocatori che mi piacciono”.
Il pensiero a Sinisa Mihajlovic

La sua Lazio ha sfornato una lunga serie di allenatori: “Mancini, che era la mia guida in campo, Conceiçao, Inzaghi e il povero Sinisa Mihajlovic. Non doveva finire così. Era un uomo forte, coraggioso. Mando un forte abbraccio alla moglie e ai figli”. Inzaghi fatica a vincere con l’Inter. Lo scorso anno è stato beffato al fotofinish dal Milan, oggi è dietro il Napoli. “Lui sta facendo molto bene. Ha fatto una grande carriera, sia alla Lazio che all’Inter. E’ uno in gamba e non deve abbattersi: prima o poi vincerà lo scudetto”.